Conte riapre dialogo Sarraj-Haftar: “Lavoriamo per tutti i libici”

13 novembre 2018

Non sarà certo una stretta di mano a risolvere la crisi della Libia. Ma quella che Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar si sono scambiati questa mattina a Palermo ha un forte significato politico. E segna, immortalato in una foto ufficiale, un passo in avanti nel tentativo di stabilizzazione della Libia. Se poi l’obiettivo di Giuseppe Conte era quello di riaprire il dialogo tra l’uomo forte della Cirenaica e il primo ministro di Tripoli, il presidente del Consiglio può dirsi soddisfatto.

“Nello scenario libico il nostro interesse non è contribuire ad alimentare le divisioni, l’Italia può essere un fattore di promozione di condizioni di stabilità”, dirà poi il capo del governo in conferenza stampa. “Se ci spendessimo a creare meccanismi e alleanze tattiche di volta in volta non contribuiremmo all’accelerazione del processo politico: noi abbiamo l’obiettivo di dialogare con tutti gli attori libici, tutti sono importanti. Il principio di questa conferenza è l’inclusività, se si assumessero interlocutori privilegiati daremmo un contributo negativo”. I due principali leader libici non avevano un confronto diretto da maggio scorso, quando a convocarli a Parigi era stato Emmanuel Macron. Oggi sono tornati a discutere, due ore e mezza seduti attorno allo stesso tavolo, convinti dalle pressioni dei rispettivi sponsor e dello stesso Conte.

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Un dialogo, organizzato nell’ambito di un vertice ristretto, che permette al governo italiano di rivendicare il successo della Conferenza di Palermo. Lo fa senza trionfalismi il presidente del Consiglio, ma la sua soddisfazione è palese. “È un incontro che ha fatto emergere un’analisi largamente condivisa da parte dei libici delle sfide da affrontare, le abbiamo messe a fuoco insieme, ne è nata un’analisi condivisa sui problemi e un’ampia condivisione da parte della comunità internazionale”, commenta Conte. E questo, nonostante la ritrosia di Haftar ad ammettere di avere avuto parte attiva nei lavori. E a dispetto delle veementi proteste della Turchia, esclusa dall’incontro, e scivolata via prima della chiusura dei lavori odierni. Il generale libico – sulla cui presenza Conte dice di non avere mai dubitato: “avevo la sua parola d’onore” – non ha partecipato alla cena di lavoro di ieri e non ha preso parte alla riunione plenaria di questa mattina.

Ha persino evitato accuratamente di farsi immortalare nella foto ufficiale con gli altri capi delegazione. E’ entrato ed uscito di scena ad arte, ma ha condiviso le conclusioni della Conferenza ed ha fornito alcuni input da cui ripartire. Il principale riguarda proprio Sarraj, rassicurato sulla possibilità di restare in sella almeno fino alle prossime elezioni. “Non è utile cambiare cavallo mentre si attraversa il fiume”, ha detto Haftar, a conferma di un clima “molto cordiale, molto collaborativo, molto positivo”. E non era un risultato scontato. E’ stato “difficilissimo”, rivelano fonti di governo, “mettere insieme questo gruppo di incontro”: oltre a Conte, Sarraj e Haftar, anche l’inviato Onu per la Libia Ghassan Salamé, i presidenti di Egitto e Tunisia, al Sisi ed Essebsi, i primi ministri russo ed algerino Medvedev ed Ouyahia, il presidente del Consiglio europeo Tusk e il ministro francese Le Drian.

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Fonti di governo parlano di “grandissimo successo” dell’iniziativa italiana. Ma Conte, deciso a tenere un profilo basso, e con un colpo di fioretto all’alleato francese, precisa che “la sensibilità italiana non è quella di rivendicare una leadership” perché “questo significherebbe avere secondi fini e distruggere il lavoro fatto finora”. Un lavoro che non è stato inficiato neppure dalla profonda irritazione della Turchia, che ha deciso di lasciare la Conferenza “profondamente delusa”, dopo essere stata esclusa dalla riunione ristretta di questa mattina. “Sfortunatamente la Comunità internazionale non è stata in grado di restare unita questa mattina. Qualcuno ha abusato dell’ospitalità italiana”, ha detto il capo delegazione e vice presidente della Repubblica, Fuat Oktay. “La crisi libica non si risolverà se pochi continuano a tenere in ostaggio il processo politico per i loro interessi. Coloro che hanno creato le attuali condizioni in Libia non possono essere quelli che salvano il Paese”, ha aggiunto.

Una visione negativa – “mi è dispiaciuto, ma far convergere a Palermo 30 Paesi significa anche esporre l’incontro a qualche fibrillazione e a qualche particolare sensibilità”, dirà poi Conte in conferenza stampa – che non si sposa con l’ottimismo che ha accompagnato i lavori odierni. Anche alla luce del fatto che dagli incontri in programma sarebbe emersa pure “una risposta positiva” sull’organizzazione della Conferenza nazionale libica proposta attraverso il piano d’azione Onu presentato da Salamé. Dopo Palermo “c’è una buona possibilità che si vada in questa direzione”, è stato spiegato. Tanto più che i leader libici presenti in Sicilia hanno confermato di “voler partecipare” e “di voler dare un contributo”, ha detto Salamé.

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Si tratta di una tappa essenziale nel percorso di avvicinamento alle elezioni libiche, che l’inviato dell’Onu vorrebbe fossero organizzate non oltre il mese di giugno del 2019. Per prepararle, “abbiamo stanziato un milione e mezzo e abbiamo un’ampia lista di iniziative”, ha precisato Conte. Di certo restano un punto focale, assieme alla creazione di forze sicurezza istituzionali che soppiantino le milizie. A questo proposito, i partecipanti hanno lanciato un appello a tutte le parti affinché venga perseguita “la piena e tempestiva creazione di nuovi meccanismi in grado di garantire la sicurezza a Tripoli, basata su un nuovo dispiegamento dell’esercito regolare e delle forze di polizia, con l’obiettivo di sostituire le formazioni armate”. In quest’ambito, l’Italia può dare un suo contributo, perché “eccelle nelle attività di formazione delle forze di polizia e sicurezza interne, ha ricordato il premier. “Siamo disponibili per quello che ci verrà richiesto”. askanew

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