Chiudere in tempi strettissimi la crisi ‘strisciante’, in un modo o nell’altro. Giuseppe Conte approfitta della lunga (2 ore e 49 minuti) conferenza stampa di fine anno da Villa Madama per rispondere a Matteo Renzi, che dopo gli attacchi degli ultimi giorni anche oggi gli chiede di decidere “cosa fare da grande”. Il premier scaccia il fantasma della caduta di governo, assicurando che ha “una prospettiva di fine legislatura”, ma ribadisce che l’obiettivo non è “galleggiare” in un clima di “azione sospesa”. A maggior ragione in un momento particolarmente critico e decisivo per il Paese, in cui “è urgente” partire subito sul Recovery plan, “altrimenti rischiamo di arrivare in ritardo”. Per questo il crono-programma che ha in testa è molto stringente: Consiglio dei ministri ai primi di gennaio, poi confronto con le parti sociali per arrivare in Parlamento e chiudere il dossier entro metà febbraio.
Una “sintesi politica” si può raggiungere, per il presidente del Consiglio, ma, è il messaggio a Renzi, senza ultimatum perchè, ha detto citando Aldo Moro, “gli ultimatum non sono ammissibili in politica perché hanno un significato di una stretta che fa precipitare le cose e impedisce una soluzione positiva”. Dunque decidere presto e se Italia viva ritirerà il suo appoggio all’esecutivo, Conte andrà subito in Parlamento. “Se verrà meno la fiducia di una forza di maggioranza ci sarà un passaggio parlamentare in cui tutti esprimeranno la propria posizione e si assumeranno le proprie responsabilità”, ha detto il premier, precisando però di non essere in cerca di nuovi ‘responsabili’ né di pensare a una sua lista in caso di voto: “Non vado alla ricerca di altre maggioranze in Parlamento” né “riesco a considerare la prospettiva elettorale”, ha garantito.
Sul piatto il premier mette una accelerazione, con iniziativa governativa, sulla legge elettorale e anche la disponibilità al rimpasto. “Non è un problema cambiare squadra, si lavora con le forze di maggioranza, si fa quel che serve al Paese”, ha spiegato, e se la formula dei due vicepremier nel precedente governo ha avuto “scarso successo”, può essere comunque tentata “perché i protagonisti cambiano”. Il punto su cui, invece, pone un nettissimo rifiuto è quello della delega ai servizi segreti, su cui anzi sfida le forze politiche che gli chidedono di fare un passo indietro. “Chi chiede al presidente del Consiglio di delegare deve spiegare perchè. Non si fida del premier?”, scandisce Conte, ricordando che la legge “attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale” e che la delega è solo “una facoltà”, di cui altri presidenti del Consiglio, come Paolo Gentiloni, non si sono avvalsi in passato.
L’obiettivo del premier, che dice di non sentirsi “infallibile e insostituibile”, pare quello di ‘stanare’ il leader di Italia viva. “Io – è il messaggio che recapita – sono per un confronto franco, costante e per risolvere i problemi ma tutti devono chiarire a cosa miriamo, dove vogliamo andare e cosa ci riproponiamo se ci sono dei malesseri”. Se Renzi vuole la crisi, è la sintesi, se ne deve assumere in pieno la responsabilità. Al momento dal senatore fiorentino non sono arrivate repliche, ma una risposta si trova già nel documento sul Recovery plan che il partito ha presentato oggi al ministro Roberto Gualtieri. Iv, si legge, non intende accettare un Recovery plan “senza una visione” e non sarà “complice di sprechi di denaro pubblico”. Parole che sembrano rafforzare, invece che smorzare, la tensione. askanews