Si alza il livello di scontro sulle nuove norme sui richiedenti asilo, contenute nel decreto Sicurezza, fortemente voluto da Matteo Salvini e diventato legge a fine 2018. E ieri, dopo una giornata di botta e risposta tra Leoluca Orlando, l’Anci, diversi primi cittadini e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini – che ha chiesto ai sindaci che non intendono applicare la legge di dimettersi – arriva la presa di posizione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Fonti di palazzo Chigi ritengono “inaccettabile” la “violazione” della legge, ricordando che “il nostro ordinamento giuridico non attribuisce ai sindaci il potere di operare un sindacato di costituzionalita’”.
Dunque, “disapplicare una legge che non piace equivale a violarla, con tutte le conseguenti responsabilita’”. Detto questo, Conte fa sapere che “se l’Anci desidera un incontro per segnalare eventuali difficolta’ applicative collegate alla legge sull’immigrazione e sulla sicurezza, ben venga la richiesta di un incontro con il Governo, al quale anche il Presidente del Consiglio e’ disposto a partecipare insieme al ministro dell’Interno”. Ma su questo si profila un ‘no’ secco di Salvini, che a Zapping, in serata, ha annunciato: “con tutta la buona volonta’, ma il decreto sicurezza lo abbiamo gia’ discusso, limato per tre mesi e migliorato. Lo ha firmato il presidente della Repubblica e adesso questi sindaci vorrebbero disattendere una legge firmata al presidente della Repubblica?”.
Intanto, dopo la netta presa di posizione da parte di Orlando contro le misure del decreto Sicurezza, si allarga il fronte dei sindaci pronti a non applicare la legge e a sostenere la ‘battaglia’ del primo cittadino di Palermo, intenzionato a sottoporre la legge “all’esame di una autorita’ giudiziaria e, attraverso questa, della Corte Costituzionale”. Per il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e’ Salvini che “tradisce la Costituzione su cui ha giurato, quindi e’ lui a doversi dimettere”. Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, interviene per chiedere al ministro di rivedere le norme incriminate, mentre il suo assessore al welfare, Pierfrancesco Majorino, da’ appuntamento in piazza il 2 marzo e spiega: “Le forme di opposizione alla Legge Salvini dovranno essere molte”.
Ma Salvini non cede di un millimetro e lancia l’affondo, definendo i sindaci “amici dei clandestini, traditori degli italiani”. Il ministro conferma la linea dura: “E’ finita la pacchia. Io non mollo, non retrocedo”. Al suo fianco l’alleato Luigi Di Maio, che bolla la presa di posizione dei sindaci come “campagna elettorale di sindaci che si devono sentire un po’ di sinistra”. Anche gli amministratori locali leghisti fanno quadrato attorno al titolare del Viminale e difendono le norme della legge: “si mette ordine dove prima regnava il caos”.
Il Pd appoggia la protesta, con Maurizio Martina che rilancia la raccolta firme per il referendum abrogativo, anche se tra i dem c’e’ chi, come Antonello Giacomelli, pur non condividendo la legge non sposa la protesta. Anche l’Anpi si schiera a favore della battaglia dei sindaci, mentre da Fratelli d’Italia arriva la richiesta di “commissariare” quei comuni che non applicano la legge, propone Giorgia Meloni. Forza Italia prende le distanze dalla protesta, convinta che la “legge vada applicata”. Tuttavia, osserva Antonio Tajani, “il governo deve avere una vera politica per la sicurezza e non pensare solo a spot elettorali che peraltro si contraddicono fra di loro”.