La recente cattura di Filippo Turetta in Germania ha gettato nuova luce sul tragico omicidio di Giulia Cecchettin, la giovane di 22 anni brutalmente uccisa a coltellate e abbandonata in un burrone. Il corpo della vittima è stato scoperto solo una settimana dopo la sua scomparsa, in un canalone vicino al lago di Barcis, nella provincia di Pordenone. Il presunto assassino, Turetta, è stato arrestato mentre si trovava a bordo della sua auto sull’autostrada A9, nei pressi di Bad Dürrenberg, come confermato da un portavoce della polizia di Naumburg. L’arresto è stato eseguito dalla polizia stradale dopo aver individuato il veicolo, segnalato da Interpol.
È stato descritto come un’operazione al chiaro di luna: Turetta si trovava fermo al lato della strada con le luci dell’auto spente, una violazione delle leggi tedesche che richiedono le luci sempre accese mentre si è fermi. I poliziotti hanno effettuato un controllo di routine e hanno identificato il giovane, procedendo all’arresto. Le tracce del 22enne si erano perse domenica scorsa quando l’auto era stata “intercettata” da una telecamera in Austria. Da allora si erano fatte mille ipotesi sul destino del giovane in fuga da Vigonovo (Venezia) dopo aver tramortito, colpito con più coltellate l’ex fidanzata Giulia Cecchettin ed essersi disfatto del corpo buttandolo da un dirupo a Piancavallo, vicino al lago di Barcis. Lo hanno preso dopo un fuga di 7 giorni. Questo caso riporta alla memoria altri eventi giudiziari italiani avvenuti in suolo tedesco, come l’arresto, vicino a Lipsia, di Rudy Guede nel 2007. Guede fu l’unico condannato per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia, e ora è tornato libero dopo aver scontato 16 anni di reclusione.
Il ritorno alla libertà di Guede evoca interrogativi sulla giustizia e sulla memoria dei casi criminali. Infatti, l’impronta insanguinata della mano di Guede fu fondamentale nell’incriminarlo per l’omicidio di Kercher. Arrestato su un treno in Germania dopo essere fuggito da Perugia, fu individuato durante un controllo di identità per l’assenza di biglietto. Nel frattempo, a Vigonovo, Venezia, la comunità si è radunata davanti alla casa della famiglia Cecchettin, in cui Giulia viveva. La presenza di fiori e messaggi lasciati dai cittadini locali testimonia l’affetto e il dolore per la perdita di Giulia.
Elena Cecchettin, sorella della vittima, ha condiviso il suo dolore e la sua determinazione contro la violenza di genere sui social media. Le sue parole riflettono la volontà di combattere questa cultura che protegge i violenti, citando l’attivista peruviana Cristina Torres Cßceres: “Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”. Il caso di Giulia Cecchettin continua a suscitare emozioni contrastanti e solleva interrogativi cruciali sulla giustizia e sulla lotta contro la violenza di genere, alimentando un dibattito che non può essere ignorato.
Filippo Turetta, il presunto assassino di Giulia Cecchettin, è stato arrestato in Germania. Giulia, una giovane di 22 anni, fu uccisa brutalmente a coltellate e il suo corpo gettato in un burrone. La scoperta avvenne una settimana dopo la sua scomparsa, in un canalone vicino al lago di Barcis, Pordenone. L’auto di Turetta era stata avvistata per l’ultima volta in Austria.
Turetta è stato arrestato mentre si trovava a bordo della sua auto sull’autostrada A9, nei pressi di Bad Dürrenberg. La polizia stradale ha eseguito l’arresto al chiaro di luna, trovando l’auto ferma con le luci spente, violando le leggi tedesche che richiedono l’illuminazione costante. Questo evento richiama alla mente altri casi giudiziari italiani avvenuti in Germania, come l’arresto di Rudy Guede nel 2007 per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia.
Guede, l’unico condannato per l’omicidio di Kercher, è tornato libero dopo aver scontato 16 anni di reclusione. Il suo arresto avvenne su un treno in Germania, durante un controllo di identità per l’assenza di biglietto. L’impronta della sua mano insanguinata sul cuscino sotto al cadavere di Kercher fu fondamentale nel suo processo e nella sua condanna. Dopo aver scontato la pena nel carcere di Viterbo, è stato rilasciato.
A Vigonovo, Venezia, la comunità si è riunita davanti alla casa della famiglia Cecchettin, in cui Giulia viveva. Due pattuglie dei carabinieri controllano la zona mentre i giornalisti attendono eventuali dichiarazioni dalla famiglia. Fiori e messaggi adornano il cancello, omaggi alla memoria di Giulia. Elena Cecchettin, la sorella della vittima, ha condiviso il suo dolore e la sua determinazione contro la violenza di genere sui social media.
Elena ha ribadito la sua volontà di non tacere mai, citando l’attivista Cristina Torres Cßceres e sottolineando l’importanza di contrastare la “cultura dello stupro” che protegge i violenti. Il suo impegno riflette una lotta più ampia contro la violenza di genere e un appello a una società più giusta.