Tutti e due romani del quartiere Talenti, tutti e due presidenti dell’Assemblea Capitolina e entrambi finiti direttamente dall’Aula Giulio Cesare agli arresti. La vicenda politica di Mirko Coratti del Pd e quella di Marcello De Vito del M5S sembrano accomunati da uno stesso karma: una sorta di ‘maledizione di Giulio Cesare’, imperatore romano è dedicata una statua e lo stesso nome dell’Aula del Consiglio comunale della Capitale. Coratti, presidente d’Aula Pd, fu portato alle dimissioni dallo scandalo di Mani Pulite, e lo stesso destino è toccato a uno dei suoi più accesi accusatori dall’opposizione, De Vito, che lascia l’incarico a seguito dell’arresto per l’ennesimo filone d’indagini relativo allo Stadio della Roma a Tor di valle.
Coratti arrivava dalle organizzazioni del sociale, mentre De Vito ha mosso i sui primi passi nella politica nei comitati locali contro la cementificazione de la Bufalotta e di Porta Di Roma. Quando il commissario del Pd Capitolino Matteo Orfini accettò le dimissioni di Coratti, De Vito fu tra i principali agitatori della protesta contro la corruzione dell’amministrazione, che portò addirittura a un’occupazione tempestosa dell’Aula del Consiglio con l’allora consigliere M5S Enrico Stefàno – che sostituirà De Vito alla presidenza dopo l’arresto – arrampicato alla statua di Cesare per esporre uno striscione con la parola “Onestà” e De Vito a rilasciare interviste con le arance in mano, da portare in dono ai colleghi arrestati.
Lo stesso De Vito, all’epoca capogruppo d’Aula del M5S, si disse pronto a collaborare con la Giunta Marino a partire dai cavalli di battaglia dell’epoca del Movimento “dal piano di rientro, ai risparmi che possono essere fatti, fino alle unioni civili”, ma fu stoppato dal fondatore, Beppe Grillo in persona, che chiese invece le dimissioni del sindaco Marino. De Vito reclamò successivamente per il M5S, senza ottenerla, la commissione capitolina Trasparenza lasciata vuota dal consigliere Giovanni Quarzo di Forza Italia, anch’esso coinvolto da Mani Pulite e dimissionario. Ma forse Giulio Cesare, non dimentico dell’oltraggio alla sua statua commesso dal collega Stefàno, ha condotto De Vito a ripercorrere gli stessi passi del vituperato collega. Un karma lento a reagire, ma decisamente inesorabile.