Corea post Pop e la memoria cinese

Il racconto di Choi con “Color Haze”

biennale

Appropriazione e parodia della cultura occidentale che dominava anche la Corea del Sud negli anni novanta. Cody Choi ha scelto di raccontare questo processo attraverso un’opera come “Color Haze”, che solo attraverso luci, musica pop e bicchieri genera immediatamente delle emozioni. Tanto da rendere impossibile il non filmare quest’opera che, secondo il suo autore, “dimostra quanto facilmente le emozioni possono sovrastare pensieri e idee”. Siamo nel padiglione della Corea alla 57esima Biennale d’arte di Venezia che presenta la mostra “Counterbalance: The Stone and The Mountain”, curata da Lee Daehyung e che, oltre a Choi, presenta anche i lavori di Lee Wan, tra i quali è necessario citare “Proper Time”, una stanza con oltre 600 orologi, ciascuno dedicato a una persona che l’artista ha intervistato e le cui lancette si muovono a velocità diverse, in base alla quantità di tempo che ognuno di loro deve lavorare per guadagnarsi un pasto. Produzione e consumo dunque, egemonia culturale e vita domestica, pop estremo – si veda l’installazione luna-park all’esterno del padiglione – e azioni di protesta. Un altro Oriente invece si può incontrare all’Arsenale Nord, nell’evento collaterale della Biennale “Memory and Contemporaneity”, promosso da The Palace Museum di Pechino e curato, tra gli altri, da Davide Rampello e Gianfranco Maraniello. La mostra, di grande impatto scenografico, riflette sul passato della Cina che diventa memoria artistica, culturale e spirituale, per creare un legame ideale con Venezia. L’allestimento attuale tiene conto di un incidente in mare che, lo scorso aprile, ha distrutto molte opere degli artisti cinesi selezionati che stavano viaggiando verso Venezia. Ma nonostante il grave imprevisto i curatori sono riusciti a mantenere l’idea di un dialogo tra la cultura cinese e la creatività italiana. Che in questo lido più tranquillo prende una forma arditamente spettacolare.