Il coronavirus ha tragicamente evidenziato come la globalizzazione possa determinare forme di economia selvaggia, tale in quanto fondata sul solo arricchimento, che non seleziona i processi economici eticamente validi da quelli non percorribili in quanto non sorretti dal principio della sicurezza, dal principio della selezione dei prodotti e delle tecniche non pericolose ai destinatari dei processi, che sono sempre e solo le persone.
Da un lato, il principio di sicurezza viene ratificato nei principali trattati economici, dall’altro, si osserva, come nel caso del coronavirus, che esso è stato completamente eluso. La potenza di diffusione del coronavirus pone in evidenza l’assenza assoluta di misure inerenti la prevenzione delle epidemie da virus, lo studio specifico e mirato dei tessuti sociali dei vari continenti in cui esse possono più facilmente originarsi. Se il processo di globalizzazione è in atto non vi è dubbio che esso coinvolga Stati più evoluti sul piano del controllo della sicurezza e Paesi meno evoluti, seppur in fase di sviluppo economico. C’è da chiedersi se vi siano organismi preposti a verificare possibili contaminazioni tra economie sviluppate ed economie in fase di sviluppo, per quanto attiene il tema della sicurezza.
Sentirsi sicuri all’interno delle proprie nazioni, soggette, per legge, a controlli avanzati inerenti la sicurezza sociale, lavorativa e, pertanto economica, denota una visione ristretta e particolaristica, perdente in quanto non tiene contro dei processi economici mondiali e dell’interscambio tra continenti, sia tra quelli che hanno fatto passi da gigante sul piano della sicurezza, intesa come difesa in tutte le sue accezioni, anche e soprattutto quella epidemiologica, sia tra quelli che sono rimasti indietro, non certo per responsabilità personali, ma per fattori legati al processo storico e, quindi, sono rimasti fermi nell’arretratezza dello sviluppo delle tecniche della prevenzione e della terapia delle malattie infettive. Si è generato, pertanto, con l’infezione da coronavarus, un processo incontrollato ed incontrollabile.
Ma non basta. Occorre soffermarsi, innanzitutto, sugli attuali processi economici. Forme di economie selvaggia sono sempre esistite, ma esse hanno trovato l’ostacolo delle economie più evolute, sorrette da regole e leggi, che hanno cercato di salvaguardare la sicurezza degli stati e dei popoli. Attualmente, si constata l’esistenza di alcune forme di economia, che sembrano essere legate, per i fattori suesposti, a modalità di sviluppo molto distanti da quelle dei Paesi da sempre all’avanguardia sul piano economico. Poco se ne parla, tuttavia la compenetrazione di diversi e asimmetrici tessuti economici, per gli scambi derivanti, può generare problematiche di enorme entità per l’intero universo, come si è verificato per il coronavirus. Non può vivere una economia senza regole, perché al centro del processi economici c’è l’essere umano, in quanto soggetto ed oggetto degli stessi.
I grandi pensatori, filosofi, economisti e politologi, hanno sottolineato, con forza, la centralità della persona in ogni processo ed, ancor più, nei processi economici. La globalizzazione, in alcune realtà, vuole negare tale centralità, come se tutto fosse possibile per il dio denaro, che, in realtà, come il coronavirus sta dimostrando, dio non è assolutamente. Karl Marx, filosofo ed economista, nient’affatto uomo politico come qualcuno lo ha etichettato erroneamente, diceva ai lavoratori di considerarsi la struttura dell’economia, ossia l”unico attore e promotore della stessa e non la sovrastruttura, ossia il denaro, le aziende ed altro che sono solo strumenti secondari mediante cui veicolarla. In definitiva, tale centralità costituisce il punto imprescindibile da cui partire quando si parla di economia e del suo sviluppo. Se l’essere umano si ammala o muore, muore, nel contempo, ogni sistema economico. E’ questa la realtà drammatica, che l’epidemia per coronavirus ha rimarcato, dalla quale non si può, neppure facendo ricorso alla tecnologia più avanzata, assolutamente derogare.