Cronaca

Coronavirus, la Russia mobilita i centri anti-peste bubbonica. Mosca. “Tempi brevissimi”

Nella lotta al coronavirus la Russia, e una buona metà dei Paesi dell’ex Urss, ha mobilitato i laboratori anti-peste bubbonica, a lungo considerati retaggio di un passato anche un po’ imbarazzante, ora visti come prezioso asset. A metà marzo il dipartimento di Sanità di Mosca ha annunciato il rafforzamento del Centro anti-peste nella capitale “in tempi brevissimi, con sistemi per aumentare l’efficienza dei laboratori di ricerca sulle malattie infettive, compreso il Covid-19”. Segue dettagliata lista delle apparecchiature poi installate, riportata dall’agenzia Tass.

Esistono ancora 13 centri anti-peste bubbonica nella Federazione russa, concentrati nella parte asiatica e nel Caucaso, collegati a diversi istituti di ricerca con dipartimenti specializzati e avamposti in specifiche aree. Questi hanno continuato nel tempo ad aggiornare piani di quarantena e ad addestrare personale specalizzato, anche quando la peste bubbonica è stata debellata. Ora si ipotizza, lo fa anche il New York Times in un articolo sull’argomento, che questi possano aver contribuito in modo sostanziale a rallentare l’avanzata del coronavirus nella Russia oltre gli Urali, ma anche in Ucraina e nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale.

Se oggi la peste bubbonica ogni tanto fa capolino nell’Est dell’ex impero comunista, dove sopravvive nei roditori selvatici, l’infezione è curabile con antibiotici.
Ma per le autorità sovietiche era un chiodo fisso, un problema inamissibile per uno Stato che si voleva proiettato nel futuro, una fonte di imbarazzo. Così i Piani Quinquennali mobilitavano decine di migliaia di persone per spargere veleno per i roditori, spruzzare DDT, bruciare l’erba che poteva nutrire gli animali portatori del virus. Nel 1960, l’Urss ha pubblicato nella gazzetta Oms di non avere avuto un caso di peste dal 1928, ma è stato poi scoperto – e ricostruito in un libro di un ricercatore anti-peste, Moisey Iosifovich Levi, pubblicato postumo nel 2002 – che non era esattamente vero, più semplicemente i malati non venivano registrati per timore di rappresaglie da Mosca. L’ultimo focolaio di peste bubbonica veniva registrato in Uzbekistan e Kazakistan nel 1981.

I Centri anti-bubbonica poi si sono specializzati anche in antrace e altre infezioni e oggi sembrano tornare utili alla Russia di Vladimir Putin che scopre di non avere nessuna immunità dal nuovo coronavirus, ma che spera di tenere il contagio sotto controllo, soprattutto fuori dai grandi centri. I numeri russi sono ancora relativamente bassi, ma il trend è in costante crescita, con Mosca epicentro del contagio. Oggi sono stati confermati altri 3.448 contagi da Covid-19 nelle ultime 24 ore in tutto il Paese, segnando un nuovo aumento record dei casi accertati in un solo giorno e portando il bilancio complessivo a 27.938 infezioni da Covid-19.
Nella capitale i nuovi contagi sono 1.370 da ieri. askanews

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