Il Parlamento ai tempi dei coronavirus. Aperto, come è sempre stato in tutte queste settimame, ma sedute, votazioni e lavori devono avvenire a distanza o in presenza? Il tema è stato al centro della videoconferenza tra costituzionalisti promossa dal presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia. Le questioni sono molte perchè se l’emergenza si dovesse protrarre ancora è possibile che il Parlamento possa legiferare solo su provvedimenti legati alle misure sul coronavirus? Lo stesso Brescia ha rilanciato la domanda ai costituzionalisti che hanno partecipato alla video conferenza.
Tutti d’accordo sulla “centralità del Parlamento” anche in una fase di emergenza ma le posizioni si sono poi differenziate sul ‘come’ rendere tutto questo possibile. Alcuni costituzionalisti come Salvatore Curreri e Nicola Lupo si sono espressi a favore delle sedute a distanza mentre Vincenzo Pipoli e Massimo Luciani – secondo cui “c’è un limite all’attualizzazione dell’interpretazione” della Costituzione – hanno espresso perplessità. Dubbi, che secondo questa tesi, trovano fondamento su quello che prevede l’articolo 64 della Costituzione che parla di “presenza” di deputati e senatori che non può essere intesa secondo loro in altro modo che presenza fisica. Del resto, è il senso del ragionamento, anche i regolamenti parlamentari danno per scontato questo concetto. Chi, invece, è favorevole al lavoro parlamentare da remoto ha fatto notare che per i padri costituenti non era possibile immaginare, oltre 70 anni fa, una presenza diversa, oggi resa possibile dai mezzi telematici, da quella fisica.