Coronavirus, rischio supereuro e pressing Ocse su Banche centrali
L’ente parigino chiede un segnale monetario. Il 12 Consiglio Bce
Ai contraccolpi del coronavirus rischia di aggiungersi l’effetto frenante di un supereuro sulle esportazioni, se nei giorni a venire la Bce non dovesse mostrare a sua volta segnali di sterzata. Il dollaro è finito infatti ai minimi da un mese e mezzo, con l’euro balzato fino a 1,1165 sul biglietto verde, il valore più elevato dal 16 gennaio, proseguendo su una tendenza alla risalita che era iniziata già la scorsa settimana, dopo che all’opposto nelle sedute precedenti l’euro aveva segnato forti ribassi, fino a segnare i minimi da oltre 2 anni e mezzo attorno al 20 febbraio scorso. Il quadro dei cambi valutari è quindi altamente volatile, come del resto tutto l’insieme dei mercati globali nel clima allarmistico conseguente alla diffusione del coronavirus. Ma la scorsa settimana il dollaro ha iniziato a perdere terreno, mentre guadagnava credito l’ipotesi di un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Scenario che venerdì scorso lo stesso presidente Jerome Powell ha di fatto cementato queste attese, affermando con un comunicato che la Banca centrale “agirà nel modo appropriato” a sostegno dell’economia.
Sul fronte della Bce, invece, finora non sono giunti segnali che facciano presagire mosse in tal senso. Anzi, la presidente Christine Lagarde è stata decisamente prudente nel valutare la situazione, affermando che al momento l’emergenza coronavirus è una questione che sta nelle valutazioni dei tecnici sanitari, non dei banchieri centrali. E mentre si è mostrata molto attiva nell’inserire le tematiche ambientali e di lotta ai cambiamenti climatici nel radar della politica monetaria, fino ad oggi l’aspetto delle ricadute economiche dell’emergenza sanitaria non è sembrato creare pressioni su interventi per l’immediato. Questa modalità divergente di risposta di Fed e Bce al coronavirus è alla base della recente impennata dell’euro, che in serata ritraccia solo in parte a 1,1045 dollari. Si tratterà ora di vedere se la Bce non deciderà di correggere il tiro, rispetto alla (apparente) linea di non interventismo mostrata finora.
Oggi un richiamo alle Banche centrali è arrivato dall’Ocse: “Dovrebbero inviare subito un segnale sul fatto che sono pronte ad agire sul coronavirus”, ha affermato la capo economista Laurence Boone, nella conferenza stampa di presentazione dell’Economic Outlook di interim, in cui sono state effettuate consistenti revisioni al ribasso delle previsioni di crescita a seguito del coronavirus. La Boone ha chiesto di rispondere a tre livelli: “le Banche centrali dovrebbero essere pronte a dare più liquidità affinché i mercati possano operare nel modo più normale possibile”. terzo, ha aggiunto: “se le prospettive economiche dovessero deteriorarsi ulteriormente, dovrebbero agire con misure espansive. Ma voglio sottolineare che questo non è uno shock che si possa affrontare con le Banche centrali: spetta ai sistemi sanitari e ai governi scendere in campo”, ha concluso la Boone.
La prima risposto alla crisi non è certamente monetaria. Ma in assenza totale di riposte monetarie le ripercussioni sui cambi rischiano di verificarsi, magari in direzioni non del tutto gradite alla Bce. Un rafforzamento dell’euro in questa fase non aiuta infatti quella risalita dell’inflazione che l’istituzione sta cercando di favorire con i suoi stimoli all’economia. E complica ulteriormente le performance del commercio con l’estero in una fase già non facile. La prossima settimana il Consiglio direttivo della Bce avrà la possibilità di esaminare in maniera organica la situazione ed eventualmente lanciare un messaggio. Mercoledì 11 e giovedì 12 marzo infatti si terrà la riunione del direttorio. E in quella occasione verranno anche pubblicate le previsioni aggiornate dei tecnici della Bce su crescita economica e inflazione, che quindi includeranno una prima stima sull’impatto dell’emergenza coronavirus.