Il settore del wedding italiano, è in ginocchio con il rischio di perdere, oltre a 10 miliardi di fatturato diretto, anche la leadership mondiale e un indotto che “vale almeno dieci volte tanto”. E’ il grido d’allarme lanciato dal presidente di Assoeventi, Michele Boccardi, nel corso di un’audizione alla commissione bilancio della Camera dei deputati sul decreto rilancio. Nel 2020, ha ricordato, erano stati programmati 219.405 matrimoni di cui 210.258 italiani e 9.147 stranieri con un fatturato diretto complessivo di 10 miliardi che si dovevano dividere tra 7,3 miliardi circa per i matrimoni italiani e 2,7 miliardi per i matrimoni stranieri.
Quindi, ha sottolineato Boccardi, “i matrimoni di persone che vengono dall’estero e scelgono l’Italia per sposarsi rappresenta il 4,2% del totale dei matrimoni ma performava per il 30% del fatturato del settore”. Un dato che si spiega col fatto che “il matrimonio dall’estero è un evento che dura in media 6 giorni generando un indotto di permanenza molto più alto sul turismo, gli alberghi e che genera un fatturato di almeno dieci volte tanto”. Questo perché “l’Italia è leader mondiale per i matrimoni di fascia altissima, ci sono alcune regioni italiane che sono le destinazioni più importanti del mondo per l’industria dei matrimoni come la Campania, la Puglia, la Sicilia e la Toscana”.
Ma, denuncia Assoeventi, “con il lockdown le imprese sono a ricavi zero, gli eventi sono stati completamente annullati, non rinviati. Sono scappati via tutti quanti. I nostri wedding planner sono a reddito zero e a tutele zero. Così come i fotografi, il mondo dei service e tutto un indotto di professionisti che gira intorno a questo mondo”. Gli occupati nel settore, ha ricordato ancora, sono circa 1 milione “e 700mila stagionali, quest’anno, non sono stati assunti da aprile come ogni anno”. Sono lavoratori “che non hanno cig, non avranno i 5 mesi di Naspi e non hanno diritto ai 600 euro. Sono a reddito zero”.
Per Michele Boccardi “il rischio prospettico è la chiusura” e “il trasferimento dei matrimoni in altri paesi sia per la crisi economica che per la paura degli invitati a partecipare ad eventi in Italia”. Senza considerare che l’organizzazione si fa su base semestrale o annuale e che “le regole per la riapertura ancora non ci sono”.