Mani “comitato affari” su Comune, banca e appalti. Blitz ad Alcamo, 6 arresti e 4 milioni distratti
DIRTY AFFAIRS In carcere anche l’ex sindaco della città del Trapanese, Perricone (foto). Sono 32 le persone coinvolte nelle indagini per corruzione, bancarotta, associazione a delinquere e abuso d’ufficio
Le accuse sono pesanti, ovvero corruzione, bancarotta fraudolenta e appalti truccati: quattro milioni di euro distratti dal “comitato d`affari” al comune di Alcamo, nel trapanese, sei gli arrestati tra cui l’ex vicesindaco. Decine di finanzieri del Comando provinciale di Trapani hanno eseguito un`ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Trapani, su richiesta della Procura, “nei confronti dei componenti di un`associazione per delinquere responsabile di numerosi reati contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione”. Il provvedimento ha disposto la custodia in carcere per quattro persone, due agli arresti domiciliari e un divieto di esercizio di attività professionale. Sequestrati anche beni e disponibilità finanziarie. L’operazione è l`epilogo di una lunga e delicata indagine svolta dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Trapani e di Alcamo, partita dal fallimento di una società (la Nettuno società consortile) incaricata dei lavori di riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo. Complessivamente sono 32 le persone coinvolte nelle indagini per reati che vanno dall`associazione per delinquere, alla corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d`ufficio, intestazione fittizia di beni fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Le indagini dirette dalla Procura di Trapani – spiegano gli inquirenti – hanno in primis “svelato la natura fraudolenta di quella bancarotta con una distrazione di somme per circa 4 milioni di euro, poi hanno fatto luce sulla figura di Pasquale Perricone (foto), quale amministratore occulto della predetta società fallita, così come anche della Cea Soc. Coop.”, società aggiudicataria dell`appalto, insieme alla Co.Ve.Co Srl (società nota alla cronaca per la vicenda del Mose di Venezia). Per gli investigatori Perricone, pur non figurando ufficialmente nella compagine delle società “si è posto quale regista di quella scellerata operazione imprenditoriale, voluta e pianificata sin dall`inizio con il preciso scopo di appropriarsi e disperdere in mille rivoli non tracciabili le ingenti risorse di denaro pubblico affluite nelle casse della C.E.A. Soc. coop” e destinate alla realizzazione dell’opera pubblica. Le indagini hanno inoltre fornito “uno spaccato criminale particolarmente allarmante che ha disvelato non solo le logiche ed i soggetti che in concreto hanno organizzato e pilotato il lucroso affare dei lavori nel porto di Castellammare del Golfo ma anche l`esistenza nella realtà alcamese di un gruppo ristretto di persone che nel settore imprenditoriale ha operato e opera in modo spregiudicato ed in totale violazione della legge, nel tentativo di accaparrarsi appalti e finanziamenti comunitari”. In particolare hanno sottolineato gli inquirenti – “è stata messa in luce l`esistenza di un vero e proprio ‘comitato di affari’ suscettibile di influire prepotentemente sulla gestione politica ed amministrativa del Comune di Alcamo (soprattutto nella assegnazione degli appalti pubblici) e che, come effetto della sua capacità di penetrazione nel tessuto socio economico di quella collettività, ha esteso il suo condizionamento tentacolare anche ad un altro fondamentale centro di potere locale rappresentato dalla Banca di Credito Cooperativo Don Rizzo (determinandone nel 2014 le nomine del CdA e influenzandone le scelte)”.
E tra i personaggi di spicco del “comitato d`affari” secondo le ricostruzioni degli investigatori c’è proprio Pasquale Perricone, imprenditore edile ed ex vice-sindaco del Comune di Alcamo. “L’imprenditore – ricordano gli inquirenti – già negli anni passati era stato additato da alcuni collaboratori di giustizia come contiguo alla locale famiglia mafiosa dei Melodia”. E “anche nella presente indagine sono emersi numerosi elementi indiziari che tuttora lascerebbero presumere che Perricone nella propria ascesa imprenditoriale e politica si sia consapevolmente avvantaggiato del beneplacito della famiglia mafiosa dei Melodia”. Tra i reati contestati a Perricone anche quello di aver lucrato sui fondi stanziati per la formazione professionale con “la creazione di una fitta rete di società (tutte intestate a prestanomi ma di fatto a lui riconducibili) responsabili di aver simulato l`organizzazione di numerosi corsi professionali fantasma al duplice fine di ottenere illecitamente ingenti finanziamenti pubblici e allo stesso tempo assegnare posti di lavoro in cambio di favori o altre utilità”. Ed “è proprio in tale ultimo contesto che è emerso in modo evidente il forte potere corruttivo in capo al Perricone, il quale, promettendo posti di lavoro o incarichi professionali all`interno delle società da lui gestite, era riuscito a corrompere un funzionario direttivo del Centro per l`impiego di Alcamo in cambio della disponibilità di quest`ultimo ad attestare falsamente la regolarità dei corsi fantasma, preannunciando la data e l`ora delle ispezioni a sorpresa”. Complessivamente sono 32 le persone coinvolte nelle indagini per reati che vanno dall`associazione per delinquere, alla corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d`ufficio, intestazione fittizia di beni fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.