L’evasione resta “a tutt’oggi il più rilevante vulnus all’equità” del sistema fiscale, con una concentrazione negli anni quasi esclusiva del prelievo sui redditi da lavoro dipendente e pensione. In particolare, i redditi compresi tra 28 e 55mila euro sono “eccessivamente gravati dall’Irpef” ed è quindi “necessario procedere a una riduzione dell’onere fiscale”; mentre la propensione all’evasione (tax gap, il divario tra gettito teorico ed effettivo) è stata pari al 67,6% per i redditi da lavoro autonomo e di impresa (32,7 miliardi). E’ questo il quadro delineato dal presidente della Corte dei conti, Guido Carlino, in un’audizione nelle commissioni riunite Finanze di Camera e Senato sulla riforma dell’Irpef, che ha auspicato un nuovo prelievo patrimoniale, invocato da settori della politica sia come metodo per contrastare le diseguaglianze, con riferimento alla maggiore concentrazione della ricchezza rispetto al reddito, che in relazione alla copertura dei costi della pandemia. Un intervento da tenere in considerazione, secondo la magistratura contabile, “anche se non si volessero affidare al prelievo patrimoniale ulteriori finalità redistributive o di reperimento di risorse”.
Carlino ha spiegato che “una valutazione preliminare dovrebbe riguardare la caratteristica del prelievo, che da reale potrebbe essere trasformato in personale, considerando dunque tutte le forme di patrimonio ed, eventualmente, la base familiare anziché individuale”. Sui costi per fronteggiare la pandemia i prossimi anni richiederanno un “considerevole sforzo fiscale”, ha affermato il presidente della Corte dei conti, un aspetto che “non si può ignorare” quando si parla di riforma dell’Irpef: “Sarà dunque necessario guardare all’efficienza e all’equità del sistema tributario nel suo complesso, ipotizzando varie forme di ricomposizione del contributo dei prelievi diretti e indiretti alla copertura del bilancio”. Il disegno di riforma “non appare lungimirante senza porsi come obiettivi strategici la lotta all’evasione – ha proseguito – e la semplificazione, sia per ciò che riguarda la base imponibile, le aliquote e le innumerevoli spese fiscali presenti, che per gli aspetti procedimentali, quali dichiarazioni, versamenti, rimborsi e, in generale, tutto ciò che attiene al rapporto con il contribuente”.
La revisione dell’Irpef, ha proposto Carlino, “dovrebbe essere preceduta da una chiara definizione degli obiettivi che con questa imposta si vogliono raggiungere e, conseguentemente, dalla scelta di un modello di riferimento che porti a rinvigorire l’opzione originaria per una base imponibile onnicomprensiva o, al contrario, a imboccare definitivamente quella della tassazione duale, ma in una logica di organicità e coerenza. Solo dopo aver scelto il ruolo e gli obiettivi generali dell’Irpef potranno essere sciolti alcuni problemi di rilievo, come il coordinamento con le prestazioni sociali e con la tassazione della ricchezza immobiliare e finanziaria”. Per risolvere la “distorsione” sull’eccessivo peso del prelievo sui redditi da lavoro e pensione, specie sulla fascia 28-55mila euro, “sarebbe sufficiente riconsiderare il ruolo delle detrazioni, rimodulandole, recuperando la loro funzione di garantire un’adeguata misurazione della capacità contributiva”, ha concluso Carlino.