Con l’introduzione del green pass per accedere alla Camera e al Senato non c’è stata “nessuna manifesta violazione delle attribuzioni dei parlamentari”. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che ha esaminato oggi in camera di consiglio due conflitti di attribuzione tra poteri, promossi, rispettivamente, da otto deputati iscritti alla componente del gruppo misto “L`Alternativa c`è” e dal senatore Gianluigi Paragone. Entrambi hanno a oggetto le delibere con cui gli organi interni di Camera e Senato – alla luce dell`articolo 9 quinquies del decreto legge n. 52 del 2021 – hanno richiesto il Green pass per partecipare ai lavori parlamentari.
In entrambi i giudizi i ricorrenti agiscono in qualità di singoli parlamentari e lamentano la menomazione di proprie attribuzioni costituzionali. Denunciano, in particolare, le modalità di adozione dell`obbligo di Green pass: quest`ultimo è stato introdotto da delibere di organi interni alle Camere (Ufficio/Consiglio di Presidenza e Collegio dei questori) anziché attraverso una modifica dei regolamenti parlamentari per cui sarebbe stata necessaria la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Aula.
I ricorrenti ritengono quindi violata la riserva regolamentare (articolo 64 della Costituzione) nonché compressa, su tutte, la partecipazione dei singoli parlamentari al procedimento legislativo, oltre che leso il libero svolgimento del loro mandato. In attesa del deposito dell`ordinanza, l`Ufficio Stampa della Corte costituzionale fa sapere che i conflitti sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha ritenuto che dai ricorsi non emerga alcuna manifesta lesione delle attribuzioni proprie dei parlamentari e che spettino all`autonomia delle due Camere l`interpretazione e l`applicazione dei rispettivi regolamenti.