Corte dei conti: “Crescita dell’Italia troppo modesta, ritardo sull’Ue”

LA RELAZIONE Il presidente delle sezioni riunite Buscema: “Europa sempre meno stabile, non solo per Brexit”. Squitieri: “Spending severa, 10 miliardi di risparmi per redditi Pa” di Giuseppe Novelli

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di Giuseppe Novelli

corte conti squitieriL’Italia continua ad arrancare. Non appare positivo, infatti, il quadro sulla crescita delineato dal presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte dei Conti Angelo Buscema nella relazione sul rendiconto generale dello Stato 2015: “Il recupero della crescita del Pil – ha detto – appare ancora troppo modesto e, soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi europei”. “L’elemento di maggiore vulnerabilità” italiana, “l’elevato livello del debito pubblico, impone, ben più dei vincoli Ue, un dosaggio molto attento” tra sostegno alla crescita e rientro del debito, “fondamentale per le aspettative dei mercati”. Il quadro europeo è “sempre meno stabile” per le spinte che arrivano “non solo nella Gran Bretagna”, osserva Buscema, evidenziando che la fase attuale “è dominata da molteplici fattori di incertezza sul piano internazionale come su quello interno”.

Tra i fattori di incertezza anche “una condizione latente di instabilità finanziaria, connessa alle incertezze che originano dai diffusi timori sullo stato del sistema bancario in Europa”. Di “sforzo di contenimento degli ultimi anni appare assai severo”, soprattutto sulle spese “che più incidono sul funzionamento delle amministrazioni e sui servizi resi ai cittadini”, parla invece il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri (foto), ricordando in particolare che tra 2010 e 2015 la spesa per i redditi da lavoro dipendente nella P.a. è diminuita “in valore assoluto a oltre 10 miliardi”.

L’azione di riequilibrio dei conti pubblici si è tradotta anche in risparmi “molto rilevanti” della spesa per interessi sul debito. “L’uscita dalla stretta emergenza finanziaria e l’auspicio di una ripresa economica più solida hanno consentito, di recente, di predisporre correttivi a manovre di taglio che, alla lunga, stavano mostrando ‘effetti collaterali’ insostenibili”, spiega Squitieri. Tuttavia, per Squitieri, tra i paesi europei, l’Italia presenta “la più bassa incidenza tra costo del lavoro ed prodotto interno lordo”. “A partire dal 2010, per i redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni pubbliche, si tratta di una diminuzione in valore assoluto che, nel 2015, assomma ad oltre 10 miliardi”.

Va giù duro anche il Procuratore generale Martino Colella: “L’attuale ipertrofia di enti e strutture (comprese le autorità indipendenti) richiede che si attivi una concreta attività di sfoltimento degli stessi, partendo dai casi in cui più evidente è la duplicazione delle competenze e la sostanziale mancanza di un interesse pubblico attuale alla loro sopravvivenza”. Colella ricorda che questi enti si reggono dal punto di vista finanziario esclusivamente grazie a contributi e partecipazioni pubbliche e un loro sfoltimento potrebbe contribuire “all’auspicato contenimento della pressione fiscale”.