La sentenza, tuttavia, non chiede di restituire alla coppia di Colletorto il bimbo, che nel frattempo ha stabilito legami affettivi con la nuova famiglia di affidamento, con cui vive dal gennaio 2013, dopo essere stato affidato ai servizi sociali. Il bambino era nato il 27 febbraio 2011 da una “madre surrogata” russa a Mosca, dopo che la coppia, formata da Massimo Campanelli e Donatina Paradiso, aveva tentato invano la fecondazione “in vitro”. Dopo la nascita, il bambino era stato registrato all’anagrafe di Mosca come figlio legittimo della coppia italiana, senza menzionare la circostanza della maternità sostitutiva, una pratica legale in Russia ma proibita in Italia.
Nell’aprile 2011, la coppia aveva portato il bambino a Colletorto, cercando di farlo registrare come proprio figlio al Comune. La pratica, tuttavia, era stata bloccata in seguito a una segnalazione del Consolato italiano a Mosca, riguardo a informazioni false contenute nell’atto dell’anagrafe russa. A seguito della segnalazione, inviata al Tribunale dei minori, al ministero degli Esteri e al Comune di Colletorto, erano stati effettuati accertamenti dai quali era emerso che Campanelli non era neanche padre biologico del bambino, e che dunque la “madre surrogata” russa non era stata fertilizzata in vitro con i gameti dell’italiano. Di conseguenza, il 20 ottobre 2011, le autorità italiane avevano deciso di togliere il bambino alla coppia e di affidarlo ai servizi sociali, in attesa di trovare una nuova famiglia di accoglienza.
La sentenza della Corte europea, va sottolineato, non mette in discussione la legge italiana che vieta la maternità sostitutiva, ma si limita a considerare non giustificato il provvedimento preso nel 2011, che sembra inteso a punire la coppia di Colletorto per aver aggirato la legge italiana, con l’accordo sulla maternità sostitutiva in Russia, e anche le norme nazionali e internazionali sull’adozione dei minori.