Così “smonteranno” il carrozzone Rai
Dimezzamento di sedi e centri di produzione, riduzione e ridistribuzione del personale, integrale revisione dell’organizzazione redazionale e anche copertura del territorio capillare, con strumenti tecnologici e contrattuali flessibili e di grande agilità: questi i provvedimenti sul tavolo dei vertici Rai per raggiungere due obiettivi, apparentemente inconciliabili: abbattere i costi e migliorare il servizio. A Viale Mazzini tira un’aria di grandi cambiamenti (e si addensano grossi nuvoloni), da quando gli italiani hanno imparato due nuove parole: “spending review”; la domanda, più di “chi?” e “quanto?” sembra oggi essere il “come?”.
Colpisce, tra le indiscrezioni un secco meno 50 per cento delle sedi e dei centri di produzione, ma è pur vero che se si vogliono “recuperare” 150 milioni di euro “risucchiati” dal canone, più 50 milioni di riduzione dei costi operativi imposti dalla spending review alle società partecipate, bisogna andare con la mannaia e non con il bisturi. Si parla di un taglio “mostruoso” dei canali digitali, da 17 a 5, tutto il resto andrà sul satellite. Attraverso un piano di integrazione rimarrano tre testate giornalistiche. A risentire di tutto questo sarà prima di tutto il personale (7 mila esuberi), e poi la produzione con forti tagli: 50 milioni di euro da recuperare dalle fiction e 20 dai film.
Per il momento la strada intrapresa dal cda, presieduto da Anna Maria Tarantola, sembra lunga e rispolvera vecchie logiche, come la vendita di quote di Rai Way, la società che gestisce gli impianti di trasmissione. Rai Way è una società per azioni del gruppo Rai che possiede la rete di diffusione del segnale radiotelevisivo e ha il compito di gestire e mantenere efficiente l’intera strumentazione.
Il cda, l’altro giorno, ha affidato al dg Luigi Gubitosi il mandato di ridefinire il piano industriale per adeguarsi ai sacrifici chiesti dal governo Renzi. Il nuovo piano industriale sarà presentato al cda prevedibilmente entro 6/8 settimane, mentre il dossier Rai Way tornerà sul tavolo del consiglio l’8 maggio per gli ulteriori approfondimenti giuridici. Il consiglio ha inoltre preso atto del piano editoriale di Rai News, effetto della fusione RaiNews-Televideo, e che include il canale RaiNews24, Televideo e il portale RaiNews.it, illustrato dal direttore Monica Maggioni e ha indicato come vicedirettori Marco Franzelli, Filippo Nanni, Lorenzo Ottolenghi, Sabina Sacchi e ha confermato Mirella Marzoli e Enrica Toninelli.
In primo piano restano i tagli che ci dovranno essere anche se le “sforbiciate” dovranno essere “non punitive”, ha ribadito il sottosegretario Graziano Delrio, per un’azienda definita “strategica”. Proprio ai microfoni di Mamma Rai a Radio Anch’io il sottosegretario l’altro giorno ha detto che “la decisione di chiedere alla Rai uno sforzo è la stessa che chiediamo alla pubblica amministrazione. Chiediamo di migliorare l’efficienza e non vogliamo chiudere trasmissioni o asset che producono”. Le risorse recuperate, ha aggiunto Delrio “è giusto vadano in tasca agli italiani che pagano le inefficienze della Repubblica”.
Le reazioni al progetto Rai Way e, in genere, a tutto il prossimo ridimensionamento del “carrozzone” Rai, è stata immediata. Durissima la presa di posizione dell’Usigrai, che punta il dito contro la “svendita” di Rai Way, definendola “inaccettabile”, e chiede un incontro urgente a Gubitosi. Roberto Fico, deputato M5S e presidente della Commissione di Vigilanza Rai, sul blog di Beppe Grillo, ieri, se possibile, è stato ancora più duro: “Renzie con la scusa degli 80 euro, si appresta a svendere Rai Way, la società che possiede i ripetitori e le antenne della Rai, un patrimonio pubblico realizzato con i soldi di tutti i cittadini”. E ancora: “Con il decreto Irpef, quello degli 80 euro, il governo Renzi ha deciso di tagliare 150 milioni alla Rai trattenendo quasi il 10% del canone raccolto nel 2014. Da un momento all’altro – ha aggiunto – si dice alla Rai che non riceverà i 150 milioni di euro già previsti per l’anno in corso, senza prospettare però un piano meditato e rigoroso di riorganizzazione della tv pubblica. Nello stesso decreto, si dà il via libera a eventuali accorpamenti di sedi regionali e cessioni di quote di società partecipate. Se l’azienda è di fatto costretta a fare cassa repentinamente per fronteggiare un taglio imprevisto, di certo non basterà procedere con qualche sforbiciata”. (Il Tempo)