Il 4 marzo si votera’ anche per le regionali in Lombardia e Lazio. Ciascuna Regione ha le proprie regole.
LOMBARDIA In Lombardia, la legge elettorale e’ stata modificata alla fine di dicembre del 2017 (legge regionale 38/2017), ma il suo impianto fondamentale risale al 2012. La nuova legge elettorale regionale fu l’ultimo atto del consiglio regionale presieduto da Roberto Formigoni. Quella lombarda e’ una legge proporzionale con premio di maggioranza. Insieme ai 79 seggi del consiglio regionale si elegge anche il presidente della regione. Il candidato alla presidenza con il maggior numero di voti ottiene 44 seggi (il 55%) per le liste a lui collegate, che salgono a 48 (il 60%) se supera il 40 per cento. Ogni lista deve essere presente in almeno cinque province diverse, e sono possibili coalizioni a sostegno dello stesso candidato alla presidenza. La soglia di sbarramento per la singola lista e’ al tre per cento su base regionale, a meno che il candidato alla presidenza collegato non abbia ottenuto almeno il cinque per cento dei voti. La ripartizione dei seggi avviene su base provinciale. Ciascuna delle tredici province lombarde riceve un numero di seggi che varia, in ragione della popolazione, da uno per la provincia di Sondrio (che ha circa 180 mila abitanti) a 25 – quasi un terzo del totale – per la provincia di Milano (che ha 3,2 milioni di abitanti). Un seggio e’ riservato al miglior perdente tra i candidati alla presidenza della regione, e tutte le province devono avere almeno un rappresentante. A dicembre 2017 la legge e’ stata modificata per introdurre la doppia preferenza di genere: l’elettore puo’ infatti indicare fino a due nomi presi dalla stessa lista, a condizione che siano un uomo e una donna.
In Lombardia nelle ultime tre tornate elettorali ha sempre vinto la coalizione di centrodestra, due volte con Roberto Formigoni e una con Roberto Maroni. Uno dei dati che emerge guardando semplicemente ai numeri e’ il salto che il Movimento 5 stelle ha fatto da quando si e’ affacciato al palcoscenico nazionale e non si e’ limitato a correre solamente ad amministrative e regionali. Nel 2010 Vito Crimi raccoglie il 3% dei consensi in regione, mentre tre anni dopo, quando i 5 Stelle si presentano per la prima volta alle elezioni politiche la candidata Silvana Carcano raccoglie oltre il 13%, affermandosi come terza forza anche in Lombardia. All’ultima tornata, quindi, Roberto Maroni e’ il primo inquilino del Pirellone eletto con una quota di voti inferiore al 50%, una quota che Formigoni ha sempre superato nel 2000, 2005 e 2010. Non cosi’ la prima volta, nel 1995, quando viene eletto con il 41,07% dei voti. In termini assoluti, i voti raccolti da Maroni 5 anni fa (2.456.921) sono stati pero’ solamente 300 mila in meno dell’ultima volta di Formigoni (2.704.364). Sul fronte dell’affluenza alle urne e’ da sottolineare la situazione del 2013. Dopo due tornate elettorali in cui in Lombardia si e’ registrata un’affluenza sotto la media delle politiche, nel 2013 il 76,74% dei votanti e’ oltre 4 punti percentuali oltre l’affluenza delle politiche a livello nazionale (72,25%). Ma il confronto con la media nazionale puo’ essere in parte fuorviante, perche’ la media nazionale e’ calmierata su tutto il territorio dell’Italia, prendendo in considerazione cioe’ tutte le circoscrizioni elettorali. Confrontiamo quindi il dato di affluenza alle regionali lombarde del 2013 con l’affluenza alle nazionali nelle sole tre circoscrizioni della Lombardia e il risultato e’ leggermente diverso. I votanti alle nazionali nelle circoscrizioni lombarde sono stati 5.933.929 su 7.453.321 aventi diritto, pari cioe’ al 79,61% contro il 72,25% delle media nazionale.
LAZIO Il Consiglio regionale del Lazio e’ composto, secondo lo Statuto regionale, da 50 consiglieri piu’ il presidente. Il presidente della Regione, come per la Lombardia, viene eletto insieme al Consiglio ed e’ il candidato piu’ votato. Anche in questo caso si riserva un seggio per il “miglior perdente”. La legge elettorale approvata nello scorso ottobre e’ un proporzionale con premio di maggioranza: stabilisce che l’80 per cento dei seggi (in totale 40) sono assegnati con il metodo proporzionale, mentre il restante 20 per cento (10 seggi) e’ un premio di maggioranza assegnato alle liste che sostengono il candidato presidente vincitore in modo che arrivino al 60 per cento dei seggi nel nuovo consiglio. Con la riforma della legge, anche nel Lazio e’ stata introdotta la doppia preferenza di genere. Il territorio regionale e’ diviso in cinque circoscrizioni elettorali, che corrispondono alle province. Ciascuna sceglie da un minimo di un seggio (la provincia di Rieti, che ha 155 mila abitanti) a un massimo di 29 per la Citta’ metropolitana di Roma. La maggioranza dei seggi del Consiglio viene dunque dal territorio della capitale, fatto che ha le sue ragioni nella demografia: tutto il Lazio ha infatti 5,5 milioni di abitanti, di cui quattro risiedono nella Citta’ metropolitana. Anche per il Lazio sono possibili coalizioni tra le liste che sostengono lo stesso candidato alla presidenza.
Nelle ultime tre tornate elettorali per la Regione Lazio si e’ osservata una regolare alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Come nel caso della Lombardia, anche in Lazio la comparsa del Movimento 5 stelle e’ l’elemento di novita’ piu’ forte delle elezioni del 2013, quando Davide Barillari ottiene poco piu’ del 20% delle preferenze. Il Movimento, anche nel Lazio, si conferma il terzo polo politico. Particolarita’ del 2013 e’ anche l’alto numero di liste che si presentano alle urne, ben 12. Di queste solo quattro ottengono pero’ dei seggi: oltre alla coalizione di Zingaretti, a quella di Storace e i 5 stelle e’ la lista di Giulia Bongiorno ad andare a occupare due seggi. Tutte le altre liste, tra cui le tre di destra (CasaPound, Forza Nuova e Fiamma Tricolore-Destra Sociale), non ottengono seggi. Anche per il Lazio confrontiamo pero’ l’affluenza delle regionali con le politiche nelle sole due circoscrizioni laziali. Nel 2013 hanno votato alle politiche 3.433.791 degli aventi diritto su di un totale di 4.430.323. Tradotto in termini percentuali, significa che ha espresso il voto il 77,51% degli elettori, contro il 72,25 della media nazionale. In Lazio, come in Lombardia, quindi, almeno nel confronto diretto del 2013 c’e’ stata una maggiore partecipazione al voto per le politiche rispetto alle regionali.