Costituzionalisti bocciano riforma Renzi: “E’ uno stravolgimento dei principi”

IL DOCUMENTO Gli studiosi si dicono “preoccupati” in quanto il testo è “ascritto ad una iniziativa del governo anziché come frutto di un consenso fra le forze politiche”

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La riforma della Costituzione approvata dal Parlamento non è “l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi” della Carta o “di una sorta di nuovo autoritarismo” ma è una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell’appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione. E’ quanto si legge in un documento redatto da una cinquantina di costituzionalisti, tra i quali Enzo Cheli, Valerio Onida, Ugo De Siervo, Gianmaria Flick, Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassarre, Antonio Baldassarre, Francesco Paolo Casavola, Andrea Manzella, Guido Neppi Modona, Luigi Mazzella, Paolo Maddalena. Innanzitutto i costituzionalisti si dicono “preoccupati” per il fatto che il testo della riforma, “ascritto ad una iniziativa del governo, si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare (“abbiamo i numeri”) anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un governo”. Questo perché “la Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre”.

Nel merito, scrivono, l’obiettivo, “pur largamente condiviso e condivisibile”, di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto, è stato “perseguito in modo incoerente e sbagliato” perché il nuovo Senato risulta “estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo”. Inoltre “l’assetto regionale della Repubblica uscirebbe da questa riforma fortemente indebolito attraverso un riparto di competenze che alle Regioni toglierebbe quasi ogni spazio di competenza legislativa”. E se ci sono “anche previsioni normative che meritano di essere guardate con favore” come la restrizione del potere del governo di adottare decreti legge, e la contestuale previsione di tempi certi per il voto della Camera sui progetti del governo o la previsione della possibilità di sottoporre in via preventiva alla Corte costituzionale le leggi elettorali, “questi aspetti positivi non sono tali da compensare gli aspetti critici”.