“Semi lockdown” è la definizione che molti nel Governo, inteso come ministri e pletora di consiglieri tecnici, ritengono più adatta alle misure che nelle prossime 48-72 ore il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si appresta a varare firmando il nuovo dpcm che inasprirà le restrizioni finora in vigore fino a gioved 15 ottobre. L’impegno però è a definirle “stretta” per ragioni di comunicazione: l’Italia in termini di contagio sta messa ancora meno peggio degli altri grandi Paesi europei che dicono apertamente di ricorrerre a nuove chiusure e i cittadini, le famiglie come le imprese, vanno accompagnate ad accettare le nuove restrizioni cercando di responsabilizzare senza terrorizzare.
Con queste premesse lessicale e comunicative, l’Italia si avvicina speditamente a nuove restrizioni imposte dalla pandemia per ragioni di salute pubblica sul cui contenuto il confronto all’interno di Governo chiamato a vararle, Comitato Scientifico chiamato ad avallarle, Presidenze di Regioni chiamate ad attuarle non c’è ancora unanimità di vedute. E la ricerca stavolta del massimo di consenso e condivisione, per minimizzare polemiche, scontri, disposizioni fai da te contrastanti nelle Regioni che caratterizzarono il primo lockdown e successive riaperture del quadrimestre marzo-giugno- è l’obbiettivo di palazzo Chigi (Conte e Boccia) e di ministero della Salute.
Nell’ipotesi preferita dalle parti del premier la riunione di oggi alle 15 del Cts deve servire a fornire al Governo un elenco di restrizioni con qualche variabile che al più tardi domani pomeriggio, al ritorno da Taranto dove sarà in visita di prima mattina, il premier Conte illustrerà ai Presidenti di Regioni riservandosi di provare a concordare con loro il contenuto finale del Dpcm. Ma sui contenuti il consenso è tutt’altro che acquisito. La spinta è verso un “modello Germania” che accompagni la nuova serie di restrizioni alla riduzione a 10 giorni della quarantena, sdoganando al contempo i test antigenici per medici di base Asl e forse privati convenzionati. Con l’effetto di ridurre il tampone molecolare ai soli casi di positività dell’antigenico e lo sperato indotto benefico di ridurre i tempi di attesa del tampone, della conoscenza della contagiosità individuale, della durata degli isolamenti individuali. Ipotesi tutt’altro che unanime all’interno del Cts.
Superata la prova dei tecici, il Governo proverà ad acquisire il consenso delle Regioni. “Più il dpcm potrà anche essere condiviso anche dai Governatori che oggi 15 su 20 sono di opposizione – ragiona una fonte interna all’esecutivo- e più sarà alla portata l’obbiettivo di presentare il pacchetto come stretta sì, semi o mini lockdown no. Anche perchè il principio di fondo già diviso e annunciato che i Governatori potranno solo restringere ma non allargare le maglie del Dpcm già di suo comporta che ai Presidenti di Regione non convenga troppo prendere le distanza da un provvedimento che loro stessi, se continuerà a crescere a questo ritmo il contagio, potrebbero trovarsi costretti a disporre di inasprire”.
Se il “miracolo” della condivisione delle misure fra Governo e Presidenti di Regione dovesse avvenire, sarà Conte a decidere se firmare e presentare in conferenza stampa subito le nuove misure o attendere ancora martedì, quando il pomeriggio aprirà in aula al Senato la due giorni di suo personale confronto con il Parlamento in vista del delicato Consiglio Ue di Bruxelles di giovedì e venerdì chiamato ad affrontare il nodo decisivo dl blocco del Bilancio Ue che determina ritardo nell’attuazione del Recovery Funnd di cui l’Italia ha invece assoluto e necessario bisogno.
Presentarsi martedì in Senato a parlare di Recovery Fund con in tasca un disco verde delle Regioni al Dpcm può essere per Conte il migliore viatico per chiedete unità al Parlamento a sostegno e difesa della richiesta di rapida elargizione a favore della quale ha già pubblicamente tuonato nei confronti di Bruxelles venerdì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nonchè in vista del voto del voto di mercoledì di Camera e soprattutto Senato sulla Nadef, per approvare la quale è necessaria una maggiornza assoluta del plenum d’aula di cui a palazzo Madama causa senatori contagiati al momento il Governo non dispone se non grazie all’atteso aiuto di singoli senatori di opposizione di gruppi minori e/o in uscita da Forza Italia.
Di contro, ove le prossime 24 ore di consulto di Conte Speranza e Boccia con Cts e Regioni dovessero produrre fumata nera, a palazzo Chigi assicurano che Premier e Governo non indugeranno oltre, a fronte di quanto la nuova corsa della pandemia richiede di fare. E la firma di Conte sul Dpcm di “semi-lockdown” con annessa presentazione al Paese potrebbe arrivare già nelle prossime 24 ore, senza aspettare il confronto con il Parlamento di martedì. askanews