Countdown, melting down o entrambi? Gli scenari appaiono comunque inquietanti. Il Mar Glaciale Artico mai così libero dai ghiacci. E in meno di un anno potrebbe essere raggiunto il punto di non ritorno, con l’innesco di fenomeni meteorologici irreversibili e dalle conseguenze potenzialmente devastanti. Secondo l’ultimo rapporto del National Snow and Ice Data Center degli Stati Uniti, al 1° giugno l’estensione dei ghiacci che ricoprono il Mar Glaciale Artico è di 11,1 milioni di chilometri quadrati, una riduzione del 12% rispetto alla media degli ultimi trent’anni. La sentenza sembra inappellabile: è sempre più vicina la scomparsa dell’Artico come l’abbiamo conosciuto. Con effetti climatici impressionanti. L’ultima grande fusione della calotta glaciale artica risale a 14 mila anni fa, un fenomeno che ha immesso negli oceani enormi volumi di acque fredde e dolci, alterando la circolazione oceanica e innescando sconvolgimenti climatici e ambientali che hanno raggiunto anche le zone tropicali. La conferma arriva dalle ricerche del progetto “Arctic: present climatic change and past extreme events”, i cui risultati sono stati presentati a Roma al ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale.
Il progetto, attraverso indagini oceanografiche, geofisiche e geologiche, ha come obbiettivo quello di approfondire i meccanismi della fusione della calotta artica e delle conseguenze sugli oceani identificati come fattori in grado di accelerare i cambiamenti climatici, meccanismi complessi la cui comprensione richiede l’integrazione di competenze multidisciplinari. 14mila anni fa, durante l’ultima deglaciazione, i cambiamenti nella circolazione oceanica hanno causato drammatiche fasi di raffreddamento. Fino ad allora la calotta glaciale si estendeva fino all’Europa settentrionale. Sciogliendosi, ha alterato l’equilibrio ambientale dando origine a periodi particolarmente freddi e a repentini innalzamenti del livello globale degli oceani. Secondo una nota congiunta del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, l’Artico si sta riscaldando più rapidamente di qualsiasi altro luogo sulla Terra e ciò si traduce in un non meno veloce cambiamento ambientale, al punto che la possibilità di eventi estremi non appare ipotesi remota. E la piena comprensione del sistema climatico e delle caratteristiche forzanti che lo guidano è condizione essenziale per poter prevedere realistici scenari di protezione e reazione, a breve e medio termine.