Covid-19 in America Latina: un dramma passato sotto silenzio

Covid-19 in America Latina: un dramma passato sotto silenzio
13 maggio 2020

Corre veloce, il coronavirus, in America Latina. Supera i confini degli Stati, si diffonde a macchia d’olio, lontano dagli occhi dell’Europa e del continente asiatico. Persino ignorato da alcuni dei governanti locali, che continuano a minimizzare la minaccia. E di certo agevolato da sistemi sanitari al collasso, economie fragili, paesi sull’orlo di una crisi di nervi, che è – prima ancora – crisi politica, sociale, finanziaria. I numeri sono preoccupanti: più di 20.000 contagi in 24 ore, oltre 400mila infezioni in tutto il continente latino-americano, con un numero di decessi superiore a 23.000. Un bilancio che, se esteso a tutte le Americhe, si avvicina a quello dell’Europa: 1,74 milioni di casi e più di 104.000 morti, secondo l’Organizzazione panamericana della Salute (Ops/Oms).

Un dolore – osserva oggi il New York Times – che si sta diffondendo lontano dalla visione globale, sotto governi che non possono, o non vogliono, offrire un riscontro completo della situazione sanitaria nei loro paesi. E così Lima di giorno in giorno vede raddoppiare in silenzio le sue vittime; e a Manaus, metropoli nascosta dell’Amazzonia, si triplicano addirittura. Il trend della prima comincia a somigliare a quello di Parigi; il bilancio della seconda sembra essere lo stesso annunciato nei giorni scorsi da Londra e Madrid. Persino a Guayaquil, città portuale dell’Ecuador, l’improvviso picco delle vittime è paragonabile all’esplosione dei contagi vissuta a New York nel suo mese peggiore, con un numero di decessi cinque volte superiore rispetto agli anni precedenti. “Siamo profondamente preoccupati per la rapidità con cui la pandemia si sta diffondendo”, ha commentato la direttrice di Ops/Oms Carissa F. Etienne. “La nostra regione ha impiegato tre mesi per raggiungere il milione di casi, ma ci sono volute meno di tre settimane per quasi raddoppiare questo numero”.

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Se gli Stati Uniti sono il Paese che contano il maggior numero di casi al mondo (1,36 milioni), il Brasile è il settimo (178.214), il Canada è tredicesimo (72.419), il Perù quattordicesimo (72.059). Messico, Cile ed Ecuador hanno registrato finora, rispettivamente, 38.324, 31.721 e 30.419 casi di infezione. Etienne ha sottolineato la “necessità urgente di controllare la pandemia, dal momento che nell’ultima settimana c’è stato un incremento del 18% dei casi e del 23% dei decessi, rispetto alla settimana precedente”. In particolare, tra il 4 e l’11 maggio, in Sud America sono stati segnalati più di 96.000 nuovi casi, tra cui 5.552 decessi. “Questo rappresenta un incremento del 45% dei casi e del 51% dei decessi, rispetto alla settimana precedente”, ha sottolineato Etienne.

E se i sistemi sanitari dei grandi centri urbani come Lima e Rio de Janeiro stanno per essere velocemente travolti, l’impatto della pandemia adesso comincia a colpire anche città più piccole e comunità lontane, comprese le zone indigene, dove l’accesso alle cure sanitarie è difficile. “Non eravamo preparati per questo virus”, ha commentato Aguinilson Tikuna, un leader indigeno di Manaus che ha perso amici nella pandemia. “Quando questa malattia ci ha colpito, ci siamo chiusi a chiave, abbiamo chiuso a chiave le nostre case, isolato noi stessi, ma nessuno aveva le risorse per comprare maschere, medicine. Ci mancava il cibo”. I tagli alla Sanità hanno fatto il resto. Come in Ecuador e in Brasile, che vedono i peggiori tassi di mortalità di tutta la regione. “Non possiamo avere sistemi sanitari che servono solo persone che possono permetterselo”, ha dichiarato Carina Vance, ex ministro della Sanità dell’Ecuador. “Finché le persone con il reddito più basso non potranno accedere ai servizi sanitari di base, tutti saranno a rischio”, ha aggiunto.

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Analoga la situazione in Perù e Messico. Il governo di Lima ha risposto immediatamente alla pandemia con misure di blocco senza precedenti, ma non è riuscito a evitare una crescita esponenziale delle vittime. In Messico, invece, secondo documenti riservati citati dal New York Times, le autorità avrebbero nascosto il bilancio reale, ben più alto di quello comunicato ufficialmente. Un atteggiamento simile a quello tenuto in Brasile dall’amministrazione di Jair Bolsonaro, accusata dai critici di continuare a minimizzare la minaccia. Il Paese ha registrato nelle ultime 24 ore 881 morti per coronavirus, il numero più alto dall’inizio della pandemia, raggiungendo un bilancio complessivo di 12.400 decessi. “E allora? Che volete che vi faccia”, l’ultimo commento del presidente brasiliano. Il suo omologo venezuelano Nicolas Maduro, invece, ha deciso di prolungare di 30 giorni lo stato d’allerta nel suo Paese, che è al collasso dopo mesi di crisi politica, sociale ed economica. Il confinamento durerà almeno fino a metà giugno, secondo il decreto presidenziale che conferisce al capo dello Stato poteri speciali. Con questa decisione Maduroi spera di risolvere due problemi insieme, limitando il contagio e frenando le proteste di piazza che lo vorrebbero fuori dai giochi. askanews

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