Cos’hanno in comune Chengdu, Dalian, Guangzhou, Shenzhen e Shijiazhuang? Sono tutte città industriali della Cina e sono tutte chiamate a fare nuovamente i conti con il Covid-19 e con le relative chiusure. Per i loro abitanti, il governo di Pechino ha infatti stabilito nuove forme di lockdown. La scelta di rinchiudere nuovamente milioni di persone nasce proprio con l’obiettivo di contenere gli ultimi focolai del coronavirus, in un’ottica di “tolleranza zero” portata avanti dal presidente cinese, Xi Jinping. Fino a sabato, a Guangzhou, capoluogo del Guangdong, nei pressi di Hong Kong, saranno chiuse alcune aree di un distretto, dopo che sono stati rilevati cinque contagi trasmessi localmente. Le brutte notizie riguardano anche il mondo della scuola: sempre a Guangzhou è stato infatti deciso di posticipare la riprese delle lezioni negli asili nido, negli istituti primari, alle medie e alle superiori, mentre sono state sospese le lezioni già iniziate.
Il Covid sta creando problemi anche al settore dei trasporti: autobus e metropolitana hanno infatti ridotto drasticamente le proprie corse. Il lockdown durerà qualche giorno in più nella città di Dalian, nel Liaoning: circa la metà dei suoi 6 milioni di residenti si fermerà per cinque giorni. Non vanno certamente meglio le cose a Shenzhen, nel Guangdong: sono infatti circa 9 milioni i residenti di almeno 4 distretti interessati dalle nuove rigide misure di contenimento del virus. Alla chiusura da lockdown si accompagna intanto un ulteriore allarme. La politica del presidente cinese sul Covid avrebbe infatti determinato un brusco stop all’economia del gigante asiatico. Al momento, rende noto Capital Economics, si registrano focolai in 41 città della Cina, responsabili del 32% del Pil del Paese: si tratta del numero più alto mai registrato dallo scorso mese di aprile.
“Per ora l’impatto appare modesto- ha spiegato al Guardian l’economista di una società di consulenza, Julian Evans-Pritchard- ma la minaccia di dannosi lockdown sta crescendo. E anche se fossero evitati, ci aspettiamo che la crescita resti debole”. Fino a sabato, a Guangzhou, capoluogo del Guangdong, nei pressi di Hong Kong, saranno chiuse alcune aree di un distretto, dopo che sono stati rilevati cinque contagi trasmessi localmente. Le brutte notizie riguardano anche il mondo della scuola: sempre a Guangzhou è stato infatti deciso di posticipare la riprese delle lezioni negli asili nido, negli istituti primari, alle medie e alle superiori, mentre sono state sospese le lezioni già iniziate. Il Covid sta creando problemi anche al settore dei trasporti: autobus e metropolitana hanno infatti ridotto drasticamente le proprie corse. Il lockdown durerà qualche giorno in più nella città di Dalian, nel Liaoning: circa la metà dei suoi 6 milioni di residenti si fermerà per cinque giorni.
Non vanno certamente meglio le cose a Shenzhen, nel Guangdong: sono infatti circa 9 milioni i residenti di almeno 4 distretti interessati dalle nuove rigide misure di contenimento del virus. Alla chiusura da lockdown si accompagna intanto un ulteriore allarme. La politica del presidente cinese sul Covid avrebbe infatti determinato un brusco stop all’economia del gigante asiatico. Al momento, rende noto Capital Economics, si registrano focolai in 41 città della Cina, responsabili del 32% del Pil del Paese: si tratta del numero più alto mai registrato dallo scorso mese di aprile. “Per ora l’impatto appare modesto- ha spiegato al Guardian l’economista di una società di consulenza, Julian Evans-Pritchard- ma la minaccia di dannosi lockdown sta crescendo. E anche se fossero evitati, ci aspettiamo che la crescita resti debole”. Dire
TOLLERENZA ZERO
Non è la prima volta che in Cina, anche per pochi casi di contagio, il governo usa provvedimenti drastici condannando al confinamento milioni di persone. La Cina adotta il sistema “tolleranza zero” per contrastare il Covid. Basta ricordare quanto accaduto, nell’aprile scorso, in due grandi metropoli come Shanghai e Pechino.
Dopo un’impennata di casi nelle due metropoli era stata adottata una campagna di screening generale: i residenti hanno fatto scorta di cibo temendo una chiusura totale, cosa poi avvenuta. Pechino, come raccontarono molti testimoni temeva di vivere uno scenario in stile Shanghai, dove quasi tutti i 25 milioni di abitanti erano stati confinati dall’inizio di aprile, spesso con difficoltà di accesso al cibo.
BASSETTI: POLITICA FALLIMENTARE E ANTI-SCIENTIFICA
“Ci sono nuovamente (e quasi ininterrottamente da ormai 3 anni) decine di milioni di persone in lockdown in Cina. Questa volta tocca a città industriali come Shenzhen, Guangzhou, Dalian, Chengdu e Shijiazhuang. Questa è la politica fallimentare e anti-scientifica dello ‘zero Covid, portata avanti anacronisticamente dal governo cinese. Anche l’Anbound Research Center, una organizzazione cinese, ha pesantemente criticato questa strategia concludendo la sua posizione così: ‘È tempo che la Cina adegui le sue politiche di controllo e prevenzione dei virus'”.
A scriverlo, in un post su Facebook, è il direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti. “Questo è un monito forte- continua- che dovrebbe arrivare anche a chi, in Italia, ha a lungo sostenuto restrizioni, chiusure e ‘tamponifici’. Il covid si affronta a viso aperto con gli strumenti con cui abbiamo sempre combattuto le malattie infettive: prevenzione e cura. Niente altro”.