B. F. di 88 anni e la moglie A. devono prenotare il vaccino e lui, da bravo siciliano all’antica, prende in mano la situazione. Dai giornali sa che si può chiamare un numero verde (il computer non sa nemmeno accenderlo) e, da uomo d’esperienza, si organizza: telefono in viva voce, codici fiscali, documenti di identità; televisione, telecomando, “guantierina” con tazzina, cucchiaino, zucchero e moka fumante preparata da A. nella sua funzione di angelo dei fornelli, e via.
800.009.966, occupato, 800.009.966, occupato…
B. F. lo aveva previsto, e ringrazia il cielo che il numero si può rifare schiacciando il bottone: coi telefoni a disco combinatore dei suoi tempi, dopo un po’ si sarebbe ritrovato con l’indice tumefatto. Da pensionato multi-tasking, con la mano sinistra manovra il telefono e con la destra fa zapping fra telegiornali e talk show dribblando gli spot pubblicitari, tranne quelli in cui anziani se la fanno addosso felici, rosseggianti assorbenti femminili parlano, stomachini sorridenti annunciano che hanno risolto il problema delle flatulenze: questi se li vede tutti per potere sparare alla fine un “ma che schifo” a cui fa eco il “ragione hai” della moglie dall’altra stanza.
E finalmente il miracolo.
– Centro prenotazioni Covid.
B. F. è emozionatissimo: – Vorrei prenotare il vaccino.
– Età?
– Ottantotto.
B.F. comincia a fornire i dati mentre la moglie, subito accorsa, gli scuote la spalla e gli ricorda a gesti “pure Io, pure io! “.
Alla fine l’addetto dà l’appuntamento per un certo giorno e una certa ora all’ISMET.
La signora A. terremota la spalla del marito, che aggiunge: – Prenota pure mia moglie di 84 anni?
La risposta li lascia a bocca aperta: – Mi dispiace, una persona a telefonata.
– Ma… sto provando a chiamare da due ore… se non ci prenota ora tutti e due, a lei daranno un appuntamento in un altro posto e ci sarà difficile trovare qualcuno che ci accompagna due volte.
– Mi dispiace, deve richiamare.
B.F. non scaglia il telefono contro il muro perché è una persona tranquilla, ma anche perché il telefono gli serve.
Altra lunga attesa, stavolta senza caffè perché è nervosissimo, e B.F. riesce a prenotare anche la moglie, azzeccando la profezia: altro giorno, altra ora, stavolta al Policlinico.
Questi i fatti.
Le spiegazioni possibili, incluse le più assurde, sono diverse: dall’addetto al call center a cui scappava la pipì o in procinto di andare in pausa, al call Center pagato a prenotazione e non a telefonata, ai capi del medesimo che non hanno capito una mazza delle impeccabili disposizioni date dall’Ente Pubblico che gli ha commissionato il lavoro; o invece le hanno capite perfettamente, ma erano sbagliate all’origine. Magari causa attacco di burocratite ai neuroni di qualche dirigente che dovrebbe essere spostato a settori in cui può fare meno danno: che so io, a dirigere un gruppo di studio sulla fioritura della Frangipani, detta anche Plumeria ma più nota come Plumelia.
Mi piacerebbe tanto che chi deve (dovrebbe?) vigilare su questi processi – Ministero della Sanità, Presidenza della Regione, Assessorato alla Salute, Protezione Civile, ASL, direzione del Call Center eccetera eccetera – insomma, tutti questi serbatoi di “teste pensanti” pagate da noi cittadini, molte delle quali percepiscono non solo stipendi ottimi e sicuri, ma anche “premi all’efficienza”, si dessero da fare.
Magari con cortese urgenza.