Il numero di occupati, nel secondo trimestre dell’anno, aumenta di +129 mila unità (+0,6% rispetto al primo trimestre 2023) e si attesta a 23 milioni 510 mila unità. Lo ha reso noto l’Istat spiegando che la crescita coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+130 mila, +0,8%) e gli indipendenti (+23 mila, +0,5%), mentre si registra un calo dei dipendenti a termine (-25 mila, -0,8% in tre mesi). Il tasso di occupazione sale al 61,3% (+0,3 punti in tre mesi): l`aumento riguarda entrambe le componenti di genere, le tre ripartizioni ed è più intenso per i 50-64enni (+0,5 punti rispetto a +0,2 punti per i 35-49enni e +0,3 punti tra 15-34 anni). Il tasso di disoccupazione scende al 7,6% (-0,3 punti in tre mesi) e quello di inattività al 33,5% (-0,1 punti).
Su base annua prosegue la crescita del numero di occupati (+395 mila, +1,7% rispetto al secondo trimestre 2022), la cui stima si attesta a 23 milioni 647 mila unità; in aumento anche il tasso di occupazione che, per le persone tra i 15 e i 64 anni, raggiunge il 61,6% (+1,2 punti). L`aumento dell`occupazione coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+445 mila, +3%) e gli indipendenti (+54 mila, +1,1%) – i dipendenti a termine diminuiscono (-103 mila, -3,2%) – e si concentra tra gli occupati a tempo pieno (+385 mila, +2% rispetto a +10 mila, +0,2% dei lavoratori a tempo parziale).
Il numero delle persone in cerca di occupazione scende a 1 milione 905 unità (-101 mila in un anno, -5%), per effetto della diminuzione dei disoccupati con precedenti esperienze di lavoro; in calo anche la quota, sul totale dei disoccupati, di chi è alla ricerca di lavoro da almeno 12 mesi, che si attesta al 56,1% (-3,7 punti), per un totale di 1 milione 68 mila persone. Il tasso di disoccupazione, sempre su base annua, scende al 7,5% (-0,5 punti in un anno), in calo soprattutto nel Centro, tra le donne e i giovani.
Nel secondo trimestre 2023 prosegue il calo del numero di inattivi di 15-64 anni (-376 mila, -3% in un anno) che scende a 12 milioni 375 mila unità; diminuiscono coloro che non cercano e non sono disponibili a lavorare (-145 mila, -1,4%) e, soprattutto, le forze di lavoro potenziali (-232 mila, -10%), ossia la componente degli inattivi più vicina al mercato del lavoro. Il calo degli inattivi si riflette nella diminuzione del tasso di inattività 15-64 anni che scende al 33,3%. In lieve aumento il numero di scoraggiati (+16 mila, +1,7%), ossia di chi dichiara di non aver cercato lavoro perché ritiene di non riuscire a trovarlo, per effetto dell`incremento tra le donne che ha più che compensato il calo tra gli uomini (+28 mila e -12 mila, rispettivamente). Il tasso di posti vacanti, che si attesta al 2,3%, aumenta di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,1 punti rispetto allo stesso trimestre del 2022.
Nel secondo trimestre 2023, il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni sale a 52,6% (+1,2 punti in un anno), mostrando una crescita ininterrotta dal secondo trimestre 2021. Lo ha comunicato l’Istat, in un focus sull’occupazione femminile, spiegando che, nonostante ciò, il livello di occupazione femminile in Italia è inferiore a quello di tutti gli altri paesi dell`Unione europea: nel 2022 il tasso di occupazione è di 13,8 punti inferiore a quello medio europeo, distanza che è anche aumentata rispetto al periodo pre-pandemia (nel 2019 si attestava a 12,7 punti).
La dinamica dell`occupazione dell`ultimo periodo, soprattutto quella femminile, ha ampliato i già marcati divari per livello di istruzione: nel secondo trimestre 2023, il tasso di occupazione delle laureate è di due punti percentuali superiore a quello dello stesso trimestre 2019, differenza che tra le diplomate si riduce a 0,8 punti e tra le donne con al massimo la licenza media si annulla; le laureate raggiungono un tasso di occupazione di oltre due volte e mezzo superiore a quello di chi ha un basso titolo (79,4% contro 30,4%) e di 22 punti superiore a quello delle diplomate (57,2%). Il ruolo fondamentale del livello di istruzione per l`accesso delle donne al mercato del lavoro è ancor più evidente nel Mezzogiorno dove la quota di donne di 15-64 anni che lavorano (35,8% il totale) tra le laureate raggiunge il 69,9%, valore di 14,6 punti inferiore a quello delle laureate del Nord, un divario che, seppur elevato, è decisamente più contenuto di quello osservato per i titoli di studio più bassi.