L’autoproclamato presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidò, riconosciuto da una quarantina di Paesi, sta provando a organizzare l’arrivo di aiuti umanitari internazionali, sfidando il capo dello Stato Nicolas Maduro che li considera il preludio a un intervento militare o comunque un modo per metterlo definitivamente con le spalle al muro. A Caracas, il Parlamento, unica istituzione venezuelana controllata dall’opposizione e presieduta da Guaidò, ha approvato ieri un piano strategico per la distribuzione di viveri e medicine dalla Colombia e dal Brasile.
Un deputato di opposizione, Miguel Pizarro, capo della commissione parlamentare per gli aiuti umanitari, ha detto che l’attenzione sarà concentrata su come far attraversare la frontiera agli aiuti internazionali. La Croce Rossa venezuelana ha dichiarato di essere pronta a distribuire gli aiuti, ma solo nel momento in cui saranno già in Venezuela. “Ci sono tra 250.000 e 300.000 venezuelani che sono a rischio di morte”, ha detto Guaidò, per confermare l’urgenza dell’intervento. I militari venezuelani, intanto, hanno bloccato un ponte al confine con la Colombia da dove dovevano arrivare i primi aiuti umanitari internazionali. I soldati hanno vietato l’ingresso a un camion di derrate e un container, che dovevano transitare sul ponte Tienditas che collega Cucuta, in Colombia ad Urena, in Venezuela. “Il personale dell’esercito ha bloccato il passaggio”, ha spiegato un altro esponente dell’opposizione, Franklin Duarte.
Il Canada ha promesso 40 milioni di dollari in aiuti al popolo venezuelano, che si aggiungono ai 20 milioni di dollari di aiuti annunciati da Washington, che non esclude l’intervento militare. L’Unione europea ha annunciato ieri un aiuto di 5 milioni di euro (7,5 milioni di dollari) e l’apertura di un ufficio preposto alla distribuzione. “Qui in Venezuela, nessuno entrerà, non un soldato invasore”, ha detto Maduro, sostenuto da Russia, Cina, Turchia, Cuba e Iran. “Vogliono mandare due piccoli camion con quattro scatoloni. Il Venezuela non ha bisogno di chiedere l’elemosina. Se vogliono aiutare, mettano fine al blocco e alle sanzioni”, ha aggiunto il presidente socialista, dicendo che non avrebbe permesso “l’umiliazione” del Paese con “uno show sugli aiuti umanitari”.
Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, Trump ha ribadito che il suo Paese “sostiene il popolo venezuelano nella sua nobile ricerca di libertà”. Ma Maduro accusa Washington – con la quale ha interrotto le relazioni diplomatiche – di usare Juan Guaidò come “fantoccio” per estrometterlo dal potere e mettere le mani sulle enormi riserve petrolifere del Venezuela. Il presidente socialista, inoltre, rimprovera agli europei di avere sostenuto questi “piani da golpe” statunitensi. Con il riconoscimento di una ventina di paesi dell’Ue, oltre a Stati Uniti, Canada e una dozzina di capitali latinoamericane, Guaidò chiederà la protezione dei conti bancari e delle attività venezuelane all’estero.
Dal 28 aprile, gli Stati Uniti proibiranno ad altri paesi e istituzioni straniere di utilizzare il sistema finanziario statunitense per acquistare petrolio venezuelano. Il popolo del Venezuela, una volta il paese più ricco dell’America Latina, sta affrontando gravi carenze di cibo e medicine, oltre all’inflazione galoppante. Dal 2015 circa 2,3 milioni di persone hanno lasciato il Paese, su una popolazione totale di 31 milioni. Undici dei quattordici paesi del Gruppo di Lima, che riunisce Stati dell’America latina e dei Caraibi e il Canada, hanno chiesto un cambio di governo “senza l’uso della forza” in Venezuela ed hanno esortato l’esercito a sostenere Guaidò. Il presidente Maduro ha considerato l’intervento del gruppo di Lima “disgustoso e ridicolo”.
A livello istituzionale, invece, ieri il Parlamento ha adottato una legge che fissa a dodici mesi la durata massima di un eventuale governo di transizione presieduto da Juan Guaidò. Questo periodo avrà inizio quando cesserà ciò che questa assemblea controllata dall’opposizione considera “l’usurpazione” di potere da parte di Maduro. Alla ricerca di una soluzione pacifica della crisi, un gruppo di contatto formato dall’Ue e da quattro paesi dell’America Latina (Bolivia, Costa Rica, Ecuador e Uruguay) terrà un primo incontro domani a Montevideo con il sostegno di Nicolas Maduro. All’incontro prenderà parte anche il Messico, che non fa parte del gruppo di contatto. Juan Guaido si è però rifiutato di partecipare a quello che ha definito un “falso dialogo”. Papa Francesco, a cui Maduro ha chiesto un intervento nella crisi venezuelana, non ha escluso una possibile mediazione vaticana, ma ha chiesto l’accordo di entrambe le parti. “Vedrò cosa si può fare”, ha detto il papa sull’aereo che lo ha riportato a Roma dopo una visita negli Emirati Arabi Uniti. askanews