Dagli atti emergono una “ripetuta concertazione” con diversi soggetti, magistrati e non, “taluno anche imputato”, e “atti necessari o utili”, “in relazione a interessi personali”, in una sorta di “risiko giudiziario” con “effetto domino”, “a danno di ignaro colleghi”: in base a questo quadro, come si legge nell’ordinanza, la sezione disciplinare del Csm ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il pm romano Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione, accogliendo la richiesta avanzata dal Procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio.
La sezione disciplinare del Csm è stata chiamata a decidere sul comportamento di Palamara, perché “in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, ha tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti di alcuni colleghi magistrati”. In particolare a Palamara viene contestato “di avere discusso della strategia da seguire (anche concertando le attività allo scopo necessarie) a fini della nomina di specifici candidati, in luogo di altri, riguardo a taluni uffici giudiziari direttivi, tra cui in particolare quello della procura della repubblica al tribunale di Roma, oltre che con alcuni componenti del Csm, anche con terze persone”, come in un incontro del 9 maggio, tra cui figurano “anche il deputato, Luca Lotti per il quale la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio nel dicembre 2018 nell’ambito di una nota vicenda di risonanza nazionale” e “l’onorevole Cosimo Ferri , magistratoin aspettativa per mandato parlamentare”.
E la sezione disciplinare del Csm, dopo aver “eliminata ogni incertezza circa la piena utilizzabilità dei riscontri investigativi acquisiti”, in particolare riguardo la piena utilizzabilità delle intercettazioni, osserva che dagli stessi “emergono una pluralità di elementi tali da far ritenere fondata nei limiti della delibazione necessaria in questa sede cautelare l’ascrivibilità all’incolpato di fatti di particolare gravità sotto il profilo disciplinare (taluni per vero anche penalmente rilevanti sebbene non proposti a sostegno della richiesta cautelare), assolutamente idonei a giustificare la necessità di adozione della misura cautelare richiesta”. Ovvero la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio.
Al giudice disciplinare non serve un completo accertamento, ma una valutazione “circa la rilevanza dei fatti contestati astrattamente considerati” e “la delibazione sulla possibile sussistenza degli stessi”, oltre “all’esistenza di una lesione del prestigio e della credibilità dell’incolpato tale non essere compatibile con l’esercizio delle funzioni”; e questi presupposti “ricorrono all’evidenza nel caso di specie”. Rispetto al primo capo di incolpazione ovvero “gravi scorrettezze nei confronti di altri magistrati”, “l’attività di intercettazione – si legge nell’ordinanza della sezione disciplinare del Csm – ha posto in luce molteplici condotte, essenzialmente tenute nel corso di incontri tra magistrati e tra magistrati e persone non appartenenti all’ordine giudiziario, di sicura rilevanza disciplinare” e “rispetto a tali condotte appare indubbiamente non condivisibile il tentativo, prospettato dalla difesa dell’incolpato, di giustificare le medesime alla stregua di libere manifestazioni del pensiero e di idee dell’incolpato”.
Questo perché ricorre una “ripetuta concertazione con soggetti diversi (taluno anche imputato e perseguito da una delle procure oggetto di attenzione), di azioni ritenute necessarie o utili per la collocazione di determinati magistrati a specifici uffici giudiziari, non indifferenti rispetto all’incolpato e a taluno degli altri interlocutori, perché individuati specialmente in relazione a interessi personali variamente articolati”. Ovvero – annota la sezione del Csm – “interesse alla propria collocazione come procuratore aggiunto di Roma, interesse alla individuazione di un procuratore della repubblica di Roma ritenuto (senza che qui interessi se a torto o a ragione) sensibile a vicende personali dell’interessato e di alcuni suoi interlocutori; interesse analogo quanto alla individuazione del procuratore della repubblica di Perugia; interesse a determinare una ordinata sequenza di ‘liberazione’ e ‘occupazione’ di svariati uffici giudiziari , come in una sorta di ‘risiko giudiziario’, con la prospettazione condivisa di un programmato effetto domino; interesse a screditare taluni magistrati (validamente) concorrenti per quegli uffici, a vantaggio di altri, al fine di consentire la realizzazione dei propri obiettivi programmati”.
La sezione rileva tutta una serie di comportamenti come “il confronto e la programmazione (anche quanto a tempi e modalità delle attività istituzionali dell’organo di governo autonomo della magistratura) delle azioni ritenute necessarie al conseguimento dei propri obiettivi”, ovvero “quando portare una certa pratica in commissione, farla discutere, votarla”, “come influire sulla predisposizione dei profili dei candidati”, come riuscire a sminuire il profilo di candidati potenzialmente accreditati ma non desiderati”; e per questo Palamara si è confontato “non con semplici conoscenti o colleghi” ma con persone del rango del presidente della V Commissione del Csm (Morlini), con diversi consiglieri del Csm e in particolare con i cosiddetti portavoce dei gruppi (Spina e Cartoni). Quindi “risulta allora evidente che le condotte ripetutamente e su più fronti poste in essere confermate dalle evidenze investigative acquisite in atti e pienamente utilizzabili, configurano un quadro complessivo della condotta inteso proprio a favorire indebitamente – per ragioni legate non alla professionalità dei candidati preferiti (che non è qui in discussione), ma a propri interessi personali – alcuni candidati, con necessario pregiudizio di altri ignari colleghi”.