La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dei cinque carabinieri coinvolti nell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, avvenuta ad una settimana dall’arresto nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009. L’accusa più grave, quella di omicidio preterintenzionale, è attribuita ai militari che arrestarono il giovane e che sono ritenuti gli autori del pestaggio: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, quest’ultimo accusato anche di falso e calunnia. Nel procedimento bis sui cinque carabinieri, sono indicati quali parti offese i genitori di Stefano Cucchi (Giovanni e la moglie Rita Calore), la sorella Ilaria e i tre agenti della penitenziaria assolti nei precedenti gradi di giudizio, Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici.
PESTAGGIO Tedesco e’ accusato anche di falso e calunnia al pari del maresciallo Roberto Mandolini, comandante all’epooca della stessa Stazione, mentre della sola calunnia rispondere il militare Vincenzo Nicolardi. Il falso in atto pubblico, ipotizzato dai magistrati di piazzale Clodio, e’ legato al verbale di arresto in cui si “attestava falsamente” che Cucchi era stato identificato attraverso le impronte digitali e il fotosegnalamento: circostanza che per gli inquirenti non corrisponde al vero ma ha rappresentato la ragione del pestaggio di Cucchi, ritenuto “non collaborativo all’operazione”. Mandolini e Tedesco, poi, non avrebbero verbalizzato la resistenza opposta dal geometra nella stazione dei carabinieri dove venne portato per il fotosegnalamento, e avrebbero “attestato falsamente” che Cucchi non aveva voluto nominare un difensore di fiducia. La calunnia, invece, si riferisce alla varie testimonianze rese al processo svoltosi in corte d’assise dove erano imputati tre agenti della polizia penitenziaria, poi assolti con sentenza definitiva: Tedesco, Mandolini e Nicolardi, “affermando il falso in merito a quanto accaduto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009” accusavano implicitamente i tre agenti, pur “sapendoli innocenti”, delle botte inflitte al detenuto.
8 ANNI DI INDAGINI E PROCESSI E’ ancora lontana la verita’ giudiziaria sulla morte di Stefano Cucchi, nonostante siano passati otto anni tra indagini preliminari e processi. Adesso la Procura di Roma, a conclusione dell’inchiesta bis, ha sollecitato il rinvio a giudizio di cinque carabinieri, tre dei quali accusati aver pestato in caserma il geometra di 32 anni dopo averlo arrestato per possesso di stupefacenti. Queste le tappe della vicenda: 15 ottobre 2009: Stefano viene fermato dai carabinieri con l’accusa di detenzione di stupefacenti; 16 ottobre 2009: a piazzale Clodio si svolge l’udienza di convalida dell’arresto; 22 ottobre 2009: Cucchi muore all’ospedale Sandro Pertini. La Procura di Roma apre un’inchiesta. Il 5 giugno 2013: fine del processo in assise che assolve tre agenti della polizia penitenziaria e tre infermieri del Pertini.
I MEDICI Condannati a pene comprese fra gli 8 mesi e i 2 anni di reclusione sei medici in servizi alla struttura protetta dell’ospedale; 31 ottobre 2014: assoluzione per tutti gli imputati nel giudizio di appello; 12 gennaio 2015: la Corte d’assise d’appello deposita i motivi della sentenza, disponendo la trasmissione degli atti al pm per nuovi accertamenti sull’operato di alcuni carabinieri e sul pestaggio subito da Cucchi; 11 dicembre 2015: incidente probatorio davanti al gip che ordina una perizia sul pestaggio subito da Cucchi; 15 dicembre 2015: la Cassazione conferma le assoluzione di agenti, infermieri e del primo medico che visito’ Cucchi al Pertini. Nuovo processo, invece, per gli altri medici la cui assoluzione viene ribadita il 18 luglio 2016 dalla corte d’assise d’appello perche’ il fatto non sussiste; 4 ottobre 2016: il ‘pool’ di periti nominati dal giudice conclude gli accertamenti escludendo un nesso tra il violento pestaggio e il decesso di Cucchi. Per gli esperti, il geometra e’ morto improvvisamente di epilessia, ritenuta causa “dotata di maggiore forza e attendibilita’”; il 17 gennaio 2017: la Procura di Roma chiude l’inchiesta bis contestando il reato di omicidio preterintenzionale a tre carabinieri e negando che la causa della morte sia l’epilessia. Falso e calunnia sono gli altri reati ipotizzati a carico di altri due militari; il 14 febbraio 2017: la Procura firma la richiesta di rinvio a giudizio per i cinque carabinieri.