Tregua finita. Ammesso che sia mai iniziata veramente. Archiviato l’idillio del 18 marz scorso, quando Matteo Renzi partecipò alla presentazione del suo libro, Massimo D’Alema torna a essere pposizione interna, situazione in cui dice di trovarsi “particolarmente a mio agio”. E lo fa ammonendo la maggoranza renziana: “Il Pd sta morendo, facciamolo funzinare noi o sarà un dramma”, dice intervenendo a Roma alla convenzione della minoranza cuperliana. Il Partito democratico – dice D’Alema – vive un “processo di impoverimento che può prendere una piega drammatica. Il Pd è il punto debole vero della visione della maggioranza, che lo ha considerato più un peso e un ostacolo che una straordinaria opportunità”. Il riferimento è all’”idea di partito-comitato elettorale del leader, di partito servente che è stata parte fondamentale della cultura politica della attuale maggioranza”.
D’Alema mette in guardia sul “rischio di un mutamento qualitativo del sistema” e sollecita: “Questo è il punto su cui noi dobbiamo mettere in campo la nostra responsabilità. Questo partito lo dobbiamo far funzionare noi, dobbiamo aprire i circoli e fare il tesseramento anche se non si stampano piu tessere. Sarebbe un atto importante se la minoranza stampasse le tessere del Pd”. “Questo partito – prosegue il presidente della Feps – noi non lo possiamo lasciare morire e spegnere, non possiamo accettare che diventi altra cosa. Bisogna organizzarsi non come minoranza, lanciare una sfida alla maggioranza: noi ci siamo, speriamo ci siano anche loro”. D’Alema chiarisce il concetto: “Considero essere minoranza un accidente e non sostanza, è una condizione in cui non mi trovo particolarmente a mio agio. Mi è capitato raramente e sono situazioni a cui uno non è preparato. Ma bisogna essere coerenti ed è troppo facile diventare maggioranza con il pensiero degli altri, qualcuno lo ha fatto”.
“Noi dobbiamo essere il Pd, non la minoranza. Una minoranza deve innanzitutto aspirare ad essere una maggioranza – esorte il lìder Massimo – Dobbiamo fare vivere il partito sui territori”. Non mancano critiche da parte dell’ex premier all’attuale presidente del Consiglio dei ministri, in particolar modo sulla spending review. “L’accanimento contro i redditi dei manager pubblici è solo una piccola parte della redistribuzione del reddito – spiega D’Alema – Bisogna intervenire su tutti i super redditi perché altrimenti si crea uno svantaggio competitivo per le aziende pubbliche, in quanto i manager più competenti saranno portati verso quelle private”. Anche sulle riforme D’Alema è piuttosto critico, soprattutto sulla legge elettorale: l’Italicum è stato scritto dal plenipotenziario di Silvio Berlusconi per le riforme, Denis Verdini; per questo il Parlamento, che è sovrano, ha il dovere di modificarlo e di migliorarlo.
“Il presidente del Consiglio deve capire che sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale il Parlamento ha i suoi diritti di discutere e correggere – è l’ammonimento a Renzi dell’ex premier – Nessuno toglierà a lui il merito di aver rimesso in moto questo processo, anche se la legge elettorale verrà fuori un po’ meglio di come è nata, anche perché era fortemente condizionata dall’impronta berlusconiana. L’ha scritta Verdini, non veniva fuori da un circolo di riformatori illuminati”. Parlando di “dubbi costituzionali” e aspetti di “scarso buon senso”, il presidente della Feps sottolinea: “Essendo la legge elettorale nata per costringere la destra a mettersi attorno a Berlusconi porterebbe all’assurdo che dieci liste con 4,4% vincono e non hanno diritto di entrare in Parlamento. È giusto rivederla in Parlamento, anche perché nel frattempo la situazione politica è cambiata”. (Il Tempo)