Una proposta alternativa a quella “Renzi-Boschi”, una mini-riforma da attuare nello scorcio di legislatura che rimane per preparare il terreno a un lavoro “condiviso” da riprendere dopo le elezioni: Massimo D’Alema e Gaetano Quagliariello presentano la loro ipotesi di modifica della Costituzione da attuare al posto di quella del Governo in caso di vittoria del no al referendum. Tre punti, “che si possono approvare in cinque mesi”: la riduzione dei parlamentari a 600 in tutto, 400 deputato e 200 senatori; la creazione di una camera di conciliazione per risolvere eventuali stalli dovuti al bicameralismo; la fissazione in Costituzione del principio che affida agli elettori la scelta dei parlamentari “per chiudere definitivamente la stagione dei nominati”. Un’ iniziativa che raccoglie una platea di sostenitori molto trasversale, come tiene a sottolineare lo stesso D’Alema: “Questo non è uno schieramento politico, a differenza del Partito della nazione che sostiene il sì. Cerchiamo di stare nel merito di una riforma sbagliata che non supera il bicameralismo: lo mantiene con una sorta di Camera di serie B”. L’obiettivo, dichiarato, è smentire che in caso di vittoria del no “il treno delle riforme non passerà per altri 40 anni… Dimostriamo che i treni circolano”. Poi l’affondo. “Per il Si’ c’e’ uno schieramento abbastanza vasto” e “capita di avvertire un clima di paura e intimidazione per il quale chi non e’ d’accordo si deve sentire colpevole di spingere il Paese verso il baratro”. In sala, tra gli altri, ci sono Lamberto Dini, Paolo Cirino Pomicino, Stefano Rodotà, Cesare Salvi, Pippo Civati, Lorenzo Cesa, Massimiliano Fedriga, Maurizio Gasparri, Antonio Ingoria, Davide Zoggia, Gianfranco Fini, Bobo Craxi.