Politici e imprenditori italiani in Crimea, la sfida a sanzioni Ue contro la Russia

Politici e imprenditori italiani in Crimea, la sfida a sanzioni Ue contro la Russia
14 ottobre 2016

Da programma compare un leghista, un ex cinque stelle, una esponente di Fratelli d’Italia, e un consigliere regionale del Veneto eletto nella lista Zaia. Ma sono di più: si tratta della “Visita di una delegazione dall’Italia in Crimea”, o almeno così si legge dal badge fornito dalla fondazione Yalta, International Economic Forum. Si parte oggi da Simferopol, poi a Sebastopoli, e ancora a Yalta, la leggendaria città dove Churchill, Roosevelt e Stalin decisero le sorti del secondo dopoguerra. Ma qui in Crimea in questo momento si stanno decidendo ben altri destini, in cerca di investimenti. A fine luglio una delegazione affine è giunta dalla Francia. Questa volta ci saranno, annunciano gli organizzatori, i rappresentanti di 5 regioni italiane: Veneto, Liguria, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, dove “i consigli regionali hanno deliberato, chiedendo di riconoscere la Crimea, togliere le sanzioni (occidentali) contro la Russia”. Ma anche “rappresentanti del business in Italia, titolari di aziende, attive in diversi settori dell’economia”. In tutto “18 persone”, e tra i nomi compare Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale del Veneto, Tancredi Turco, deputato e vicepresidente del comitato per la legislazione, Stefano Valdegamberi, secondo mandato al Consiglio Regionale del Veneto, Marina Buffoni, assessore del Comune di Padova. Incontreranno anche il capo della Repubblica autonoma, Sergej Aksenov. Faranno anche un piccolo giro che ricorda da vicino quello più ampio compiuto da Silvio Berlusconi, esattamente un anno fa con l’amico Vladimir Putin. Un “tour dei vini” alle cantine Massandra, che in questo caso prevede “colloqui tra rappresentanti di aziende vinicole italiane e di Crimea, con la possibilità di creare una produzione russo-italiana di vino”. Ma anche un giro in elicottero sul “villaggio italiano” a cura Fulvio Scandiuzzi (da programma).

La penisola ucraina, che dopo un referendum nel 2014 non riconosciuto dall’Ovest, per Mosca è diventata Russia, sta cercando di ripartire. Qualcosa è stato fatto e lo si vede anche soltanto sbarcando all’aeroporto di Simferopol, rinnovato in pochi mesi. Le pareti di pannelli in simil legno vogliono dare un’idea di moderno. Ma in realtà l’importanza di questo posto è nel suo “antico”, nella sua storia. Nel suo essere strategica per la Russia, non soltanto per il turismo, ma soprattutto per la posizione militare sul Mar Nero e per l’omonima flotta. Anche per questo la Crimea è diventato un nodo complicato dei rapporti con l’Occidente. Proprio quel nodo che sembra non potersi sbrogliare. La comunità internazionale – l’UE, la NATO e l’ONU – non riconoscono l’annessione russa della Crimea, considerandolo un pericoloso punto di rottura per il diritto internazionale. Per molti è stato proprio con quel passo che è iniziato l’isolamento per il Paese di Vladimir Putin. Ma qualcun altro sostiene che la Crimea è sempre stata russa e attribuisce il passaggio all’Ucraina a un errore storico: quello che avrebbe commesso nel 1954 l’ucraino Nikita Khrushchev, quando era a capo dell’Urss, assegnando la penisola alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina: è l’argomento in mano anche ad alcuni partiti o movimenti di opposizione in Europa, che hanno scelto di sposare la causa russa, perché ormai non solo nelle presidenziali americane la Russia rappresenta un argomento chiave dello scontro politico.

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Tra questi anche la Lega Nord, il cui leader Matteo Salvini ha incontrato per la prima volta Putin a Milano a margine del vertice Asean (ottobre 2014) ed è poi apparso più di una volta a Mosca, diventando un volto conosciuto a queste latitudini. Come anche lo è il britannico Jeremy Corbyn, finito in questi giorni nella polvere a Londra per il rifiuto del leader laburista di condannare il coinvolgimento russo in Siria. O dall’altra parte della barricata, la francese Marine Le Pen, la presidente del Front National: fa talmente paura che lo stesso Francois Hollande si è detto: “Pronto a votare Sarkozy pur di fermarla”. Ma al di là della politica dei partiti, c’è anche quella comunitaria e c’è il muro delle sanzioni che dividono la Crimea dal resto d’Europa. In conseguenza del non riconoscimento dell’UE, dell’annessione della Crimea e di Sebastopoli da parte della Russia, il Consiglio europeo ha imposto forti restrizioni alle relazioni economiche con questa area. Le misure comprendono un divieto di importazione di beni provenienti dalla Crimea e da Sebastopoli imposto nel giugno 2014 e restrizioni, introdotte nel luglio successivo, sugli scambi e gli investimenti relativi a taluni settori economici e progetti infrastrutturali. Inoltre, dal dicembre 2014 sono in vigore un divieto totale sugli investimenti e un divieto di prestazione di servizi turistici in Crimea. Sono vietate anche le esportazioni di altri beni essenziali per determinati settori, tra cui le attrezzature per l’esplorazione, la prospezione e la produzione di petrolio, gas e risorse minerarie. E il 17 giugno 2016, proprio mentre il premier Matteo Renzi si trovava ospite d’onore di Putin al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, Bruxelles ha prorogato tali misure fino al 23 giugno 2017.

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