Dazi sulle auto e semiconduttori: il Giappone si gioca tutto nei negoziati con Washington

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Il 17 aprile, Washington sarà il palcoscenico di un incontro cruciale tra il ministro dell’Economia giapponese Ryosei Akazawa e il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. In ballo non ci sono solo le tariffe doganali imposte da Donald Trump, ma anche il futuro delle relazioni transatlantiche e il ruolo del Giappone come storico alleato degli Stati Uniti. Questi negoziati rappresentano un test importante per capire come l’amministrazione americana intende trattare i propri partner strategici, a partire dall’Europa.

Il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha definito la situazione una “crisi nazionale”, lanciando un appello all’unità politica in un momento di crescente incertezza interna. La fragilità del governo nipponico rischia infatti di complicare ulteriormente la già difficile trattativa con Washington, che ha già imposto dazi punitivi su automobili, componentistica e potenzialmente semiconduttori. Ma il Giappone non intende cedere facilmente: il premier vuole ricordare agli Stati Uniti il ruolo chiave di Tokyo nella regione Asia-Pacifico, soprattutto in funzione anti-Cina, e l’impegno del Sol Levante negli investimenti diretti sul suolo americano.

Dazi e sicurezza: un legame indissolubile

Ishiba ha chiarito che i negoziati non si limiteranno alla questione commerciale. Durante una seduta della commissione del bilancio della Camera bassa della Dieta, il premier ha sottolineato l’importanza di affrontare parallelamente la cooperazione in materia di sicurezza, legando economia e difesa in un’unica strategia. “È fondamentale costruire una nuova relazione di alleanza e riflettere su cosa possano fare i due Paesi per il mondo,” ha dichiarato Ishiba, invitando a evitare compromessi frettolosi.

Ma il nodo più delicato resta quello dei dazi. L’amministrazione Trump ha annunciato tariffe “reciproche” del 24% sulle importazioni giapponesi, sebbene siano state temporaneamente ridotte al 10%. Inoltre, il Giappone è stato colpito da una tariffa del 25% su automobili e componenti, mentre nuove misure sui semiconduttori – previste per la prossima settimana – hanno già suscitato forti proteste. Il capo di gabinetto Yoshimasa Hayashi ha definito queste ultime “estremamente deplorevoli”, minacciando una “risposta appropriata”.

Tokyo cerca alleati regionali

Mentre tenta di negoziare con Washington, il Giappone sta cercando di consolidare il fronte asiatico. Ishiba ha annunciato un colloquio telefonico con il primo ministro di Singapore Lawrence Wong, segnale di un tentativo di coordinamento con i paesi ASEAN, anch’essi preoccupati per la linea protezionista di Trump.

Tuttavia, la situazione si complica quando si considera la richiesta americana di aumentare le spese militari giapponesi. Questo dossier rischia di mettere sotto pressione il consenso interno raccolto da Ishiba, soprattutto perché molti cittadini vedono con scetticismo l’idea di dover contribuire ulteriormente al mantenimento delle forze armate statunitensi presenti sul territorio nazionale.

Un modello per l’Europa?

Il risultato di questi negoziati sarà osservato con grande attenzione dagli altri partner degli Stati Uniti, in particolare dall’Unione Europea. Se il Giappone riuscirà a ottenere concessioni significative o a evitare nuovi dazi, ciò potrebbe fungere da modello per Bruxelles e altre capitali. Al contrario, un fallimento o un accordo penalizzante potrebbe incoraggiare l’amministrazione americana a intensificare la pressione sugli altri alleati.

Ken Saito, ex ministro dell’Industria e del Commercio e oggi parlamentare di maggioranza, ha ribadito l’importanza di mostrare agli Stati Uniti come gli investimenti giapponesi abbiano creato valore aggiunto per l’economia locale. Secondo quanto riporta Nikkei , Saito ha evidenziato la necessità di promuovere la cooperazione economica come strumento per rilanciare l’industria manifatturiera americana.

Una sfida globale

In definitiva, i negoziati tra Giappone e Stati Uniti rappresentano molto più di una semplice disputa commerciale. Si tratta di un banco di prova per la capacità delle democrazie avanzate di trovare un equilibrio tra protezionismo economico e solidarietà internazionale. Per il Giappone, il compito è doppiamente difficile: da un lato deve salvaguardare i propri interessi economici, dall’altro deve mantenere saldo il rapporto con Washington, senza compromettere il consenso interno.

Resta da vedere se il pragmatismo di Ishiba e la volontà di collaborazione bipartisan riusciranno a mitigare le tensioni con Washington. Quel che è certo è che il destino del Sol Levante potrebbe diventare un esempio – positivo o negativo – per tutte le nazioni chiamate a confrontarsi con la nuova era del “America First”.