Dazi Usa-Europa, Librandi avverte: “Il Sud deve fare rete o rischia di restare indietro”

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Gianfranco Librandi

È corsa contro il tempo per il Made in Italy. La tregua sui dazi di Trump apre una finestra stretta – solo 90 giorni – per salvare miliardi di export. Il Mezzogiorno, con le sue eccellenze agroalimentari e meccaniche, è in prima linea.

“O il sistema-Paese reagisce subito, o pagheremo un conto salatissimo” avverte Gianfranco Librandi, imprenditore nel settore dell’elettronica e vicecoordinatore di Forza Italia, rimarcando che il Mezzogiorno “vanta primati significativi, con il 40% dell’export agroalimentare nazionale, poli tecnologici all’avanguardia e un’imprenditoria dinamica”. Tuttavia, emerge un appello per un cambio di mentalità: “Basta sentirsi periferia, è tempo di competere nella ‘prima divisione'”.

Dottor Librandi, Trump ha concesso una tregua: mossa diplomatica o ultimatum camuffato?
“Non facciamoci illusioni: Washington ci sta mettendo alla prova. Questi tre mesi sono l’ultima chance per dimostrare che l’Europa non è un bersaglio facile. Se non presentiamo un fronte unito e competitivo, i dazi arriveranno. E per il Sud, che esporta prodotti simbolo come mozzarella, pomodoro e componentistica, sarà una strage”.
E proprio al Sud, quali settori rischiano di più?
“Tutti i comparti dove il valore aggiunto è alto e la concorrenza globale spietata. Dall’agroalimentare di qualità alla meccanica di precisione, passando per il tessile avanzato. Numeri alla mano: solo in Campania 12mila posti di lavoro sono direttamente legati all’export USA. Se scatta la ritorsione, interi distretti potrebbero collassare”.
Qual è il piano d’emergenza?
“Tre mosse obbligatorie: prima, un’offensiva diplomatica a Bruxelles per blindare i nostri interessi. Seconda, un piano credito per le PMI con tassi agevolati e garanzie vere. Terza, investimenti immediati in logistica e digitalizzazione. Senza queste condizioni, le nostre aziende affronteranno la tempesta perfetta con un ombrello bucato”.
Le imprese meridionali sono pronte a un eventuale contralcolpo?
“La qualità non manca, ma pesano due handicap storici: la frammentazione e la miopia strategica. Abbiamo troppe micro-eccellenze che combattono da sole invece di fare squadra. Serve un salto culturale: o le aziende capiscono che l’unione fa la forza, o verranno spazzate via dai colossi stranieri”.
Possiamo davvero ribaltare la situazione in 90 giorni?
“Nessuno si illuda di risolvere vent’anni di ritardi in tre mesi. Ma possiamo – anzi dobbiamo – lanciare segnali chiari. Approvare subito il pacchetto Sud, sbloccare i fondi europei, creare un’agenzia per l’export meridionale. Chi pensa che basti aspettare che passi l’uragano sbaglia alla grande: questa è la guerra commerciale del secolo”.
Un messaggio alle imprese del Mezzogiorno?
“Basta piangersi addosso. Il Sud ha numeri da primato: 40% delle esportazioni agroalimentari italiane, distretti tecnologici all’avanguardia, una capacità imprenditoriale unica. Ma serve un nuovo orgoglio: dobbiamo smetterla di sentirci periferia e pretendere di giocare in prima divisione. Il tempo delle mezze misure è finito”.