I fratelli De Benedetti assolti dopo condanna

Accusa di essere responsabili della morte di alcuni ex lavoratori

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Da una pesante condanna, 5 anni e due mesi, nel luglio 2016, i fratelli De Benedetti sono stati assolti in appello, quasi due anni dopo, dall’accusa di essere i responsabili della morte per mesotelioma pleurica dovuto all’amianto di alcuni ex lavoratori Olivetti. Il processo nasce da un’inchiesta aperta dalla Procura di Ivrea nel novembre 2013 che riguarda i decessi, avvenuti tra il 2008 e il 2013, di alcuni ex operai degli stabilimenti Olivetti, in seguito a quella forma tumorale di chi si espone per anni all’amianto. Fra gli indagati “eccellenti” figurano i dirigenti che, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta, erano a capo dell’azienda eporediese. Tra questi l’ex ad e presidente Carlo De Benedetti, suo fratello Franco De Benedetti, l’ex ad Corrado Passera e Roberto Colaninno, nominato amministratore delegato nel 1996. Un anno prima la Corte d’Appello aveva condannato un ex dirigente Olivetti, affermando come a Ivrea fossero stati violati “i principi basilari della sicurezza e igiene sul lavoro”. Nel settembre 2014 si concludono le indagini preliminari. Gli indagati sono 39, accusati, a vario titolo, di omicidio colposo e lesioni.

A dicembre 2014 le richieste di rinvio a giudizio

A dicembre, la Procura di Ivrea firma le richieste di rinvio a giudizio per 33 dei 39 indagati. Per Carlo De Benedetti, Franco De Benedetti e Corrado Passera l’accusa e’ di omicidio colposo in concorso, mentre a Colaninno i magistrati contestano un solo caso di lesioni. Si arriva cosi’ all’aprile 2015, quando la difesa di Camillo Olivetti, uno degli indagati, avanza un’istanza di ricusazione nei confronti del gup Alessandro Scialabba. Secondo i legali di Olivetti, lontano parente del fondatore, in passato il giudice avrebbe disposto la riapertura delle indagini per un caso di mesotelioma pleurico e quindi andrebbe sostituito. Il presidente del Tribunale nomina quindi un nuovo giudice. Un mese dopo, il gup Cecilia Marino, durante l’udienza preliminare, accoglie le richieste delle parti civili, fra cui figurano associazioni, Comuni del territorio e sindacati.

La Fiom Cgil presenta istanza di citazione per responsabilita’ civile di Telecom, che a partire dal 2003 fu a capo dell’azienda eporediese. Ad ottobre le persone rinviate a giudizio sono 17 e nel gruppo figurano anche i due De Benedetti, i figli Rodolfo e Marco, Corrado Passera e Roberto Colaninno. Il gup Cecilia Marino proscioglie, invece, chi ha ricoperto il ruolo di consigliere di amministrazione. Il processo di primo grado si apre l’11 gennaio all’auditorium del liceo scientifico Gramsci di Ivrea. Secondo la tesi dell’accusa, gli ex dirigenti non potevano non essere al corrente dei rischi dovuti all’esposizione continuata degli operai all’amianto e per questo avrebbero dovuto prendere provvedimenti.

Febbraio 2017 il processo d’appello

A giugno i pubblici ministeri Laura Longo e Francesca Traverso chiedono 15 condanne e due assoluzioni, fra cui quella di Roberto Colaninno “perche’ il fatto non sussiste”. Per Carlo De Benedetti la pena richiesta e’ di 6 anni e 8 mesi, 6 anni e 4 mesi per suo fratello Franco, 3 anni e 6 mesi per Passera. Fra le parti civili, oltre ai familiari delle vittime, figurano Inail, Fiom-Cgil, il Comune di Ivrea e la Citta’ metropolitana di Torino. In totale i risarcimenti richiesti ammontano a circa 6 milioni di euro. A luglio sono condannati per omicidio colposo e lesioni colpose gli ex vertici dell’azienda, Carlo De Benedetti e il fratello Franco De Benedetti (per entrambi 5 anni e 2 mesi) e Corrado Passera (1 anno e 11 mesi). Il tribunale eporediese assolve invece Roberto Colaninno (che era imputato solo per il reato di lesioni) Camillo Olivetti e Onofrio Bono. In tutto le condanne sono tredici. Il processo d’appello si apre a Torino il 7 febbraio 2017 con un colpo di scena. La Procura generale consegna alla Corte presieduta dal presidente Flavia Nasia e alle difese degli imputati una documentazione, risalente al periodo compreso tra il 1978 e il 1986, rinvenuta in un magazzino della Telecom di Strada Settimo, nel Torinese, che riguarda l’acquisto di materiali utilizzati per l’assembramento delle macchine da scrivere, fra cui il talco che – secondo la tesi dell’accusa – era contaminato d’amianto.

L’assoluzione

Secondo il pg Carlo Maria Pellicano, quel talco sarebbe stato utilizzato in Olivetti anche dopo il 1981, diversamente da come affermato dalle difese degli imputati. “Mi auguro che il processo d’appello confermi le sentenze di primo grado” dichiara a fine udienza Federico Bellono, segretario della Fiom Torino, fra le parti civili al processo di secondo grado. Una settimana dopo, pero’, il giudice Flavia Nasi respinge la richiesta di acquisizione avanzata dalla Procura generale. Poco prima, Pellicano aveva affermato che “in questo processo deve prevalere l’esigenza di accertare la verita’”. L’obiettivo della Procura e’ dimostrare la validita’ della tesi scientifica secondo cui l’esposizione prolungata all’amianto aumento il rischio di malattia. Nell’udienza successiva l’accusa chiede di rideterminare le pene per i fratelli Carlo De Benedetti e Franco De Benedetti per l’intervenuta prescrizione relativa ai decessi di due operai, Luigi Mariscotti e Francesco Stratta. “I vertici aziendali – dice in aula il pg Laura Longo – erano a conoscenza del pericolo connesso all’utilizzo dell’amianto e al rischio mesotelioma, tant’e’ che la trattativa per l’acquisizione di Eternit, come emerge da un carteggio del 1984 tra Franco De Benedetti e Stephan Schmidheiny, salto’ proprio per la pericolosita’ dell’amianto”. Si arriva quindi all’udienza di stamattina, con la Corte che decide di assolvere “perche’ il fatto non sussiste” tutti gli imputati.[irp]