Tantissimi sono gli spunti di attualità come in “Servire qualcuno” cioè “Gotta serve somebody”. “Dylan dice ‘puoi essere un predicatore con il tuo orgoglio spirituale, puoi essere uno del consiglio comunale che prende le stecche di nascosto’: io ho solo tradotto, poi che questa sia una realtà che in qualche modo riguarda da vicino il nostro Paese, io non mi sarei mai permesso di inserire delle cose non scritte da Dylan in un testo – ha spiegato il cantautore – se sono attuali è perchè le ha scritte lui, e si sa guardare intorno nel mondo: le tangenti non le prendono solo gli italiani, le prendono ovunque. C’è anche un’altra strofa che dice ‘puoi essere il capo di un grande network privato’, io traduco puoi essere il proprietario di una tv privata e la gente pensa inevitabilmente a qualcuno che conosciamo ma lo ha scritto Dylan, altrimenti non ce lo avrei messo”. La scelta di De Gregori spazia tra canzoni famose ed altre meno conosciute al pubblico italiano. “E’ una scommessa, anche, ma è stato fondamentalmente un divertimento. Entrare nel mondo musicale e letterario di un altro grandissimo artista e provare gioia nel trasformare le sue parole inglesi in italiane. E poi considerare anche una funzione di tipo divulgativo e sociale: c’è gente che queste canzoni di Dylan non le conosce, non sono le più famose. Non ho mai preteso di interpretare quello che c’è nella testa di Dylan ma non vorrei nemmeno farlo. Mi piacciono le sue canzoni perchè rimangono un mistero, come l’arte è sempre un mistero” ha detto De Gregori.
Il primo singolo estratto dal disco è “Un angioletto come te”, “Sweerheart like you” nella versione originale, che racconta l’avventura sentimentale e amorosa di una notte. “Tradotto letteralmente Sweetheart vuol dire cuoricino, è l’appellativo che in inglese si dà alla donna amata. Io guidavo o prima di addormentarmi la sera mi chiedevo come si potesse tradurre: poi mi è venuto in mente angioletto, e mi sembrava che nel contesto della canzone fosse la parola giusta. Quando ti arriva un’illuminazione di questo tipo poi dopo è facile, vai avanti, le cose si agganciano piano piano” ha raccontato De Gregori. Tra le canzoni c’è “Via della povertà, rielaborazione di una traduzione firmata da De Gregori e Fabrizio De Andrà e incisa da quest’ultimo nel 1974. “Io adesso riprendendola in mano per questo progetto e rileggendola mi sono reso conto che avevamo messo delle cose che non c’erano nel testo originale, ce le eravamo inventate, forse perchè eravamo molto giovani ed entusiasti e ci ritenevano autorizzati a esportare la nostra visione letteraria nell’opera di un altro – ha spiegato – adesso con la maturità che mi compete quando l’ho rivista ho detto bisogna stare addosso al testo e l’ho ritradotta cercando di essere molto più fedele al testo originale”. De Gregori porterà le canzoni di Dylan anche in tour nei teatri: si parte il 5 marzo da Roma. “Non voglio battere la grancassa, voglio fare teatri o club medi. Sogno di fare uno spettacolo in cui la prima parte è dedicata totalmente a Dylan, e poi faccio anche delle canzoni mie perchè queste sono solo 11 – ha rivelato il cantautore – lo schema che ho intesta è di suonarle tutte, creare un’unità stilistica dentro il concerto in cui suono Bob Dylan, e poi faccio le mie canzoni”.