Il cantiere della manovra per il 2017 inizia a prendere corpo dopo il varo da parte del governo dell’aggiornamento del Def e il primo accordo tra esecutivo e sindacati sul nodo pensioni. Con l’aggiornamento del Documento di economia e finanza l’asticella del deficit è stata alzata al 2% per l’anno prossimo rispetto all’1,8% indicato nel documento della primavera scorsa. Ma c’è un ulteriore 0,4% per fronteggiare gli oneri del terremoto e il fenomeno immigrazione. Non è dunque nuova flessibilità, come ha sottolineato ieri il premier Matteo Renzi, ma un’altra cosa. In ogni caso un margine pari allo 0,6%, che in cifre sono circa 10 miliardi di euro a disposizione della legge di bilancio che il governo deve varare a metà del prossimo mese. Nel complesso la manovra sarà ben superiore ai 20 miliardi di euro e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan in una intervista ha ribadito che le risorse saranno concentrate sul sostegno alle imprese, produttività, investimenti pubblici e privati e per la fasce più deboli di reddito. In quest’ambito sempre oggi è arrivata la prima intesa tra governo e sindacati sul nodo pensioni. Una serie di interventi dall’Ape alla quattordicesima, dal ricongiungimento gratuito ai lavori usuranti. Il pacchetto vale 6 miliardi in tre anni con stanziamenti crescenti. Per l’anno prossimo il governo metterà 1,5 miliardi di euro. Il verbale di intesa sottoscritto non è distante rispetto alle richieste iniziali dei sindacati che chiedevano risorse per 2,5 miliardi l’anno. Governo e sindacati dovranno poi sedersi al tavolo anche per il rinnovo del contratto degli statali, fermo dal 2008. Già stanziati 300 milioni di euro ma secondo alcuni calcoli soltanto per il recupero dell’inflazione servirà oltre un miliardo. Il capitolo principale della manovra sono comunque i 15 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia e dare impulso alla crescita del Pil.
Per stimolare la crescita sarà confermato il superammortamento al 140%, una misura che vale quasi un miliardo di euro e verranno inseriti gli interventi per il piano Industria 4.0. Sono state ipotizzate risorse pubbliche tra i 7 e i 10 miliardi ma spalmabili su un arco temporale di otto anni. Altro intervento certo è il potenziamento della detassazione del salario di produttività. Il tetto sarà alzato dai 2.500 euro dell’anno in corso per redditi fino a 50mila euro a 3.500-4mila euro per una platea con imponibile fino a 80mila euro. Un intervento che dovrebbe costare intorno ai 700 milioni di euro. Punto interrogativo sull’esonero contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato. Nel primo anno di applicazione l’onere ha superato i 2,2 miliardi di euro mentre quest’anno l’incentivo è stato ridotto al 40% con un onere intorno agli 800 milioni. L’esecutivo è orientato a una nuova riduzione, ma non è da escludere la cancellazione dell’incentivo. Tra le ipotesi mantenerlo per le assunzioni di giovani under 30 o per le imprese del Mezzogiorno. Sul fronte del fisco confermato il varo dell’Iri, l’imposta sul reddito delle piccole imprese che abbasserà al 24% la tassazione sul reddito di chi fa imprese e lascia i soldi in azienda. Dal primo gennaio prossimo scatterà la riduzione dell’Ires dal 27,5% al 24% inserirà nell’ultima legge di Stabilità. Meccanismo analogo per il taglio dell’Irpef. L’intervento entrerà in vigore nel 2018 ma il governo potrebbe già inserirlo nella legge di bilancio, garantendo il nuovo taglio delle imposte.