Un’ossessione che andava ben al di la’ della gelosia e che si traduceva in persecuzione. Ecco come si era ridotto il rapporto tra il 27enne Vincenzo Paduano e Sara Di Pietrantonio, la studentessa romana piu’ giovane di cinque anni, tramortita, poi strangolata e quindi data alle fiamme la mattina del 29 maggio del 2016 in via della Magliana, “secondo un preciso piano cadenzato in varie fasi”. Nelle motivazioni della sentenza con cui il vigilante e’ stato condannato all’ergastolo senza isolamento diurno il 5 maggio scorso, il gup Gaspare Sturzo spiega come nonostante il rapporto sentimentale tra i due fosse finito da tempo Paduano “esigeva rispetto da Sara, pretendendo che lei continuasse a chiamarlo, a scambiare con lui messaggi, visite, riferendogli che cosa facesse e con chi si vedesse, imponendo quindi la sua ingombrante presenza”. Un comportamento “violento e minaccioso” che ha terrorizzato per lungo tempo Sara e che ha rappresentato per lei, ‘colpevole’ di aver allacciato una nuova storia con un altro ragazzo, un vero e proprio incubo. Per il giudice, “il rifiuto di Sara di subire ancora la presenza di Paduano nella sua vita e, quindi, la conseguente perdita del dominio fino allora da questi esercitato sulla ragazza sono il movente del delitto e sono elementi che rappresentano al tempo stesso un indice della spregevolezza del fatto quale motivo abietto”.[irp]
“Il pedinamento di Sara – si legge nel provvedimento del gup -, non solo telematico (attraverso ripetuti accessi su Fb e whatsapp e la geolocalizzazione del cellulare) ma anche fisico, non e’ un dato occasionale ma una costante dei profili della condotta illecita di Paduano”, che rispondeva di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minorata difesa, oltre che di stalking, distruzione di cadavere e incendio dell’auto della ragazza. Uccidendola in quel modo cosi’ atroce, Vincenzo Paduano – e’ il ragionamento del giudice – non ha fatto solo “tabula rasa” della ragazza, come era nelle sue intenzioni, “punendo Sara per la sua ribellione e perche’ non lo riconosceva come padrone della sua vita”, ma ha voluto anche “far soffrire” l’altro ragazzo stroncando sul nascere la “nuova storia d’amore”. Agendo cosi’, l’imputato ha manifestato “una fortissima capacita’ criminale”, non essendo apparso “per nulla sconvolto del delitto commesso”. Lo prova il fatto che poco dopo l’omicidio, Paduano stava sorseggiando un caffe’ con un collega e fumando una sigaretta “senza che nulla fosse”.[irp]