Un Pupi Avati amareggiato per le eccessive critiche, molte legate alla sua età anagrafica, ricevute dopo il suo mandato di esperto per il rilancio di Cinecittà, si dimette con una lettera al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. Insieme a lui erano stati nominati, per la selezione dei progetti e per la concessione di contributi selettivi al settore cinematografico: Paolo Mereghetti, Marina Cicogna, Enrico Magrelli e Daria Bignardi. “Illustre e caro Ministro – si legge nella lettera di Avati -, come probabilmente ti avrà anticipato Nicola Borelli, il dissenso prodotto su alcuni organi di stampa e su alcuni siti web nei riguardi della mia nomina mi ha profondamente turbato. Le colpe che mi sono addebitate riguardano l’anagrafe (ho settantanove anni), il mio essere cattolico e, per alcuni l’essere riconducibile a un’area politica di centrodestra. Nessuno degli estensori di questi articoli rammenta il mio curriculum di cinquanta film, alcuni dei quali non da buttare”.