Troppo dirompente lo scontro pubblico tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio perché Beppe Grillo possa rimanere in silenzio. Tra i due leader del Movimento lo scambio di accuse è pesante e rischia di rendere sempre meno evanescente lo spettro di una scissione o di un’uscita dei dimaiani. Per Conte il ministro degli Esteri offende il Movimento per il paragone con la crisi del Papeete di Matteo Salvini e tradisce la linea “decisa all’unanimità”. Di Maio accusa la maggioranza interna contiana di voler disallineare il Paese “dalle alleanze storiche in cui è, dalla Nato e dall’Ue” e l’ex premier (non nominato esplicitamente) di voler riportare il M5S a quello antagonista di dieci anni fa, tanto che alza bandiera bianca sulla sua battaglia interna: “Allora che senso ha cambiare la regola del secondo mandato”. Lasciati da parte i pannelli solari prodotti dagli scarti di frutta e verdura, Grillo prende posizione con un lungo post dal titolo ‘Il Supremo mi ha parlato’ e offre un assist a Conte sul mantenimento del tetto al doppio mandato per gli eletti, tema su cui saranno chiamati a esprimersi gli iscritti.
“Noi faremo di tutto affinché Draghi vada al tavolo con la massima forza con una coalizione compatta”, dice Di Maio, sottolineando la sua distanza da Conte sulla questione della guerra. “La prossima settimana, con la risoluzione sul Consiglio europeo in Parlamento, sarà calda, sui contenuti c’è ancora da battagliare – osserva un esperto parlamentare ‘contiano’ a taccuini chiusi – e Di Maio, che ha già deluso Draghi al quale aveva promesso di aiutarlo a finire al Quirinale, ora vuol far vedere che è capace di sminare il terreno nel dibattito sull’Ucraina. Il suo obiettivo è fare politica a vita. Si è fatto sedurre dal potere e ora non è capace di rinunciare”. Grillo, a difesa del limite dei due mandati elettivi, si lancia in un elogio della necessità di un argine ad una politica che replica se stessa, di “una regola la cui funzione è di prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una sua deriva autoritaria”. E liquida sarcasticamente le ambizioni dei big del Movimento preoccupati della rielezione, spiegando che “per l`evoluzione economica e sociale sono più importanti le regole che favoriscono i cambiamenti di quelle che favoriscono le (vere o presunte) Grandi Visioni di (veri o sedicenti) Grandi Uomini”. Un passaggio che però potrebbe essere letto anche come una stoccata a Conte, un modo per ribadire che il Movimento vive delle sue regole più che di leadership.
L’esplosione delle ostilità di ieri non sembra destinata a rientrare. Se Di Maio paventa il rischio che il M5S diventi una “forza politica dell’odio”, dietro le quinte i suoi scalpitano: “Luigi – confida un deputato che non fa parte della cerchia stretta di quelli che si espongono con dichiarazioni a sostegno del ministro – avrebbe dovuto uscire prima, subito dopo il voto per il Quirinale. Se lo fa, i numeri per fare un gruppo alla Camera e uno al Senato li ha. Si fa un partito a sostegno di Draghi, almeno si prova, come stanno le cose oggi il M5S rielegge forse un sesto dei parlamentari che aveva, nelle regioni in cui è andato bene nel 2018”. E poi ci sono gli aspetti personali, il leader del Movimento non è molto amato in Parlamento: “Luigi ti risponde al terzo squillo, Conte mai. Sono in molti ad avercela con lui”. “Al Senato sono cinque o sei, altro che gruppo”, dice invece un senatore dell’ala “sinistra” del M5S: “E se escono – aggiunge – faranno la fine dei renziani di fronte al Pd”.
Mentre le rispettive tifoserie sono in movimento e il Consiglio nazionale fa quadrato attorno al leader eletto on line con il 94,19% dei voti (appena ‘riconfermato’ dalla sentenza del tirbunale civile di Napoli), Alessandro di Battista è in volo verso la Russia per fare un reportage e preferisce non commentare: “Non mi infilo nelle polemiche interne loro. Ho lasciato il Movimento 5 stelle per motivi politici, per il suicidio di entrare nel governo dell’assembramento”. Un sassolino se lo leva anche Enrica Sabatini, socia dell’associazione Rousseau e compagna di Davide Casaleggio, che ad un ‘Giorno da pecora’ esprime la “sensazione” che tra Conte e Luigi Di Maio “continuerà una lotta di potere per avere la guida del M5s, che viene visto ancora come un bacino elettorale. Mi fa ridere però – chiosa – che tutti stiano discutendo per avere il terzo mandato, ma con il 2,2% non ci sarà mandato per nessuno”.