Erano le 21.37 del 2 aprile 2005 quando Giovanni Paolo II si spense, nel suo appartamento in Vaticano, tra i suoi più stretti collaboratori. A dieci anni dalla sua morte, Papa Francesco lo ricorda, al termine dell’udienza generale del mercoledì, salutando i pellegrini polacchi. “Lo ricordiamo come grande Testimone di Cristo sofferente, morto e risorto – ha detto Bergoglio – e gli chiediamo di intercedere per noi, per le famiglie, per la Chiesa”. Con Karol Wojtyla si chiuse un’epoca importante per la chiesa universale. 27 anni di Pontificato, durante i quali Giovanni Paolo II contribuì ad abbattere i regimi comunisti e i Muri del mondo, primo tra tutti quello di Berlino; riallacciò le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti di Reagan, superò le frontiere dell’Unione Sovietica grazie al dialogo con Gorbacev. 104 i viaggi in tutto il mondo, un Papa mediatico, il Papa dei gesti, dell’incontro e del dialogo con gli ebrei e la mano tesa all’Islam. Il primo Papa non italiano dal 1523. L’attentato nel 1981, gli storici viaggi nel Cile di Pinochet, a Cuba da Fidel Castro, nel Nicaragua sandinista. Fino al Giubileo del 2000 quando comincia ad apparire malato e sofferente. Poi l’agonia, gli ultimi giorni apparso in pubblico senza più un filo di voce. Le ipotesi di dimissioni respinte (“Gesù non è sceso dalla croce”, aveva detto il Papa). E la morte, il 2 aprile 2005, in una piazza San Pietro gremita di fedeli.