Il testo della mozione di maggioranza per la fiducia al governo Draghi fa capire quanto i partiti che sostengono il governo (quasi tutti) siano distanti, alcuni in seria difficoltà. “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, esprime la fiducia al governo”, si legge nel brevissimo, didascalico, dispositivo, firmato da tutti i capigruppo. Inutile, nella giornata di oggi, tentare di buttar giù qualcosa di più sui punti programmatici enunciati da Draghi. Nel corso del suo lungo intervento (53 minuti) gli applausi sono stati una ventina, non tutti bipartisan, non tutti entusiastici. A partire da quello seguito al ringraziamento, in apertura dell’intervento, al predecessore Giuseppe Conte, che “ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”.
Applausi in piedi dagli scranni del M5s, ‘buuu’ polemici da quelli del Carroccio. Gli stessi banchi da cui, poco dopo, Matteo Salvini si sente, indirettamente, ‘bacchettato’, quando il presidente del Consiglio parla di “irreversibilità della scelta dell’euro”, citando la frase (di senso contrario) pronunciata ieri dal leader del Carroccio. Che più tardi, fuori da Palazzo Madama, fa buon viso a cattivo gioco: “Draghi ha sempre ragione”. Nonostante tutto “la Lega c’è”, ha ripetuto anche oggi. E si vede chiaramente in Giancarlo Giorgetti che siede alla destra del premier mentre dall’altro lato c’è il pentastellato Stefano Patuanelli. Forse un caso, ma è un dato che sono loro i principali rappresentanti ‘moderati’ delle due forze forse più distanti, fino a oggi, dall’ex presidente della Bce.
Da Italia viva viene un sostegno entusiastico (“Valeva la pena di aprire la crisi”, gongola Matteo Renzi), dal Pd poco meno. “L’Italia è in buone mani. Il Pd farà la sua parte in questa sfida”, assicura il segretario Nicola Zingaretti. I mal di pancia maggiori, come previsto, sono nel M5s. Alcuni (alla fine meno di 10, pare) stasera voteranno no, ma anche tra molti di quelli che comunque si allineeranno non mancano le voci critiche. Danilo Toninelli, che su Rousseau aveva votato no, esprime una fiducia non “incondizionata, valuteremo provvedimento per provvedimento già a partire dai prossimi giorni”. Fiducia non “in bianco e per sempre” anche dalla pentastellata Laura Bottici, per la quale Draghi “ha rappresentato tutto ciò che ho contrastato in questi anni”. Cioè la finanza e i mercati.
Lo stesso giudizio che dà Paola Nugnes (ex M5s, oggi Leu) che voterà no alla “tecnofinanza che si è fatta Stato”, dando voce a quella parte della sinistra che dice no all’esecutivo. La fiducia stasera sarà bipartisan, il clima al momento no. Ed Emma Bonino nel suo intervento mette in guarda il premier: “La sua navigazione – avverte – non sarà semplice, non sarà sempre come oggi. Occorrerà tutta la sua autorevolezza per tenere la barra dritta e bisognerà scontentare qualcuno”.