Difesa Ue, Meloni tra due fuochi: Salvini attacca, Tajani applaude von der Leyen

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani
A poche ore dal cruciale Consiglio europeo straordinario di Bruxelles del 6 marzo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato d’urgenza i suoi due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, per un confronto serrato sulla posizione italiana riguardo alla difesa europea. L’incontro, tenutosi a Palazzo Chigi, arriva in un momento di forte tensione interna, con il governo spaccato su temi cruciali come il piano ReArm Europe, l’aumento delle spese militari e il ruolo dell’Ue nel conflitto ucraino. Una frattura che rischia di indebolire l’Italia al tavolo negoziale con gli altri leader europei.
Nodo piano ReArm Europe: Salvini e Tajani su fronti opposti
Le divergenze sono esplose in modo plateale dopo l’annuncio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sul piano ReArm Europe, un progetto ambizioso che punta a mobilitare 800 miliardi di euro per la difesa, combinando risorse nazionali – rese disponibili dalla deroga al Patto di stabilità – e fondi comunitari raccolti sui mercati finanziari. Un’iniziativa che ha fatto emergere due visioni diametralmente opposte all’interno dell’esecutivo.
Matteo Salvini, leader della Lega, ha attaccato frontalmente il piano, definendolo “un’occasione mancata”. “Per von der Leyen – ha dichiarato – gli Stati europei possono fare debito solo per armarsi, mentre negli anni scorsi non è stato possibile investire in sanità, educazione e sostegno alle imprese e alle famiglie”. Una critica che riflette la sua posizione più cauta, se non scettica, verso un aumento delle spese militari e un maggiore coinvolgimento dell’Ue nella difesa comune.
Dall’altra parte, Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, ha espresso un sostegno netto al progetto. In un post su X (ex Twitter), Tajani ha scritto: “Bene von der Leyen: finalmente si fanno concreti passi in avanti per costruire una indispensabile difesa europea. Era il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi. Ora bisogna realizzarlo, senza indugi, nel modo migliore possibile per rendere più forte l’Europa nel contesto di una solida alleanza con gli Stati Uniti”. Un endorsement che mette in luce la distanza abissale tra i due vicepremier.
Ucraina, un altro fronte di scontro
Le divergenze non si limitano al tema della difesa. Sul conflitto ucraino, le posizioni di Salvini e Tajani sono altrettanto inconciliabili. Il leader della Lega ha annunciato che sabato e domenica porterà il partito in mille piazze italiane “per chiedere la fine della guerra”, in netto contrasto con le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron e della stessa von der Leyen, che hanno aperto alla possibilità di un invio di truppe europee e a un aumento delle spese militari.
Una posizione che rischia di isolare l’Italia nello scenario internazionale, soprattutto in vista del vertice di Bruxelles, dove Meloni dovrà discutere proprio del ruolo dell’Europa in Ucraina e della costruzione di una politica di difesa comune. La presidente del Consiglio, da parte sua, ha più volte sottolineato la necessità di garantire “l’indipendenza strategica” dell’Europa, e secondo fonti ben informate, nei giorni scorsi ha già chiesto al Ministero dell’Economia e delle Finanze di simulare scenari per portare la spesa per la difesa al 2,5% del Pil.
Meloni cerca di tenere insieme i pezzi
In questo contesto, Meloni si è trovata costretta a fare da mediatrice tra le due anime del governo, cercando di ricucire una frattura che rischia di compromettere la credibilità internazionale dell’Italia. Fonti vicine alla premier hanno fatto sapere che, durante l’incontro a Palazzo Chigi, Meloni ha ribadito la necessità di prudenza e moderazione, soprattutto in un momento così delicato per la politica estera italiana. “Basta tifoserie”, avrebbe detto la premier, richiamando i suoi vice a un maggiore senso di responsabilità.
Il vertice di Bruxelles rappresenta una prova di fuoco per Meloni, chiamata a dimostrare di poter mantenere coeso il governo su temi cruciali come la difesa europea e la risposta alla guerra in Ucraina. La sfida sarà trovare un equilibrio tra le diverse sensibilità interne, senza rinunciare a una posizione chiara e unitaria. Un compito tutt’altro che semplice, considerando le profonde divergenze che continuano a lacerare l’esecutivo.