Politica

Diritti e nucleare, dal Med 2022 l’ultima chiamata all’Iran

Negoziare con l’Iran è ancora possibile. Anzi, mantenere aperta la porta del dialogo è l’unica strada per riportare Teheran al tavolo per il ripristino dell’accordo nucleare firmato nel 2015. Uno sforzo che va fatto anche quando c’è un interlocutore che non intende cedere al richiamo della diplomazia, lasciando poco spazio all’ottimismo. “Dobbiamo prepararci a un mondo senza accordo sul nucleare”, ha avvertito oggi il rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Iran, Robert Malley, partecipando ai Mediterranean Dialogues organizzati da Farnesina e Ispi, che si sono chiusi nel pomeriggio a Roma. La Repubblica islamica sembra avere eliminato l’intesa sul Piano d’azione congiunto globale (Jpcoa) dalla sua agenda e “la questione dell’accordo nucleare non è sul tavolo in questo momento”. Ma Washington non rinuncia all’opzione della trattativa, pur dicendosi pronta ad “altre azioni”.

Anche l’Unione europea è intenzionata a fare la sua parte. La politica dell’Ue sull’Iran non è cambiata, hanno confermato fonti europee nella capitale. “Siamo pronti a impegnarci quando gli interessi si allineano”, ha detto Bruno Scholl, capo divisione Iran del Servizio europeo per l’azione esterna. “Anche sul Jcpoa pensiamo ancora che l’interesse sia allineato. E anche se le circostanze politiche sono cambiate, riteniamo di dover cercare di trovare questa soluzione diplomatica” per far rivivere l’intesa. Bruxelles, insomma, continua a cercare il dialogo, anche e soprattutto in un momento in cui Stati Uniti e Iran sembrano averlo interrotto. E non soltanto per le rigide posizioni al tavolo sul nucleare. Di mezzo, infatti, non c’è solo la questione del Jpcoa. Teheran ha deciso di sostenere la guerra della Russia contro l’Ucraina ed ha minacciato e arrestato cittadini stranieri, accusati a vario titolo di appoggiare le rivolte sociali contro il regime. In gioco ci sono i diritti e la libertà di un popolo, che ha deciso di scendere in piazza e sta pagando con il sangue le proprie rivendicazioni. Almeno 300, per l’Onu, le vittime della repressione dei pasdaran e della polizia morale fino a questo momento, con Teheran che ridimensiona a “oltre 200” e ha annunciato ancora oggi “tolleranza zero” verso i manifestanti. “Reagiremo a tutte queste azioni”, ha avvertito Malley.

Di certo, con la rinuncia al negoziato sul nucleare, la repressione violenta delle manifestazioni di protesta nel Paese e la fornitura di droni e altri tipi di armamento alla Russia, la Repubblica islamica rappresenta uno dei principali fattori di instabilità della regione mediorientale e del Mediterraneo allargato. Del suo ruolo di destabilizzazione si è discusso anche ai Med Dialogues di Roma, dove però il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein AmirAbdollahian, non c’era. Questione di “priorità d’agenda” per il capo della diplomazia iraniana, dopo che il suo arrivo a Roma era rimasto in forse fino all’ultimo momento. Non così per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha fornito ieri una spiegazione diversa. “Era stato invitato dal mio predecessore” Luigi Di Maio. “Hanno richiesto un incontro faccia a faccia, a cui abbiamo detto di no. Non era nostra intenzione avere un incontro bilaterale”, ha precisato.

Ragioni di opportunità avrebbero guidato la scelta italiana, secondo fonti bene informate. “E’ stato meglio per tutti”, hanno spiegato ad askanews, rilevando che una presenza del capo della diplomazia iraniana, anche soltanto al foro di dialogo multilaterale organizzato a Roma da Farnesina e Ispi, avrebbe creato forte imbarazzo ad entrambe le parti in causa. Ancora troppo vivo, con ogni probabilità, il ricordo delle ultime frizioni diplomatiche tra i due paesi, dopo l’arresto a Teheran della travel blogger italiana Alessia Piperno, trattenuta in stato di fermo a settembre durante la repressione delle proteste e rilasciata solo a novembre. D’altra parte, ha chiarito la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo intervento di oggi, “non possiamo fingere di non vedere quanto sta avvenendo in questi mesi alle donne e ai giovani in Iran che stanno manifestando”. In ogni caso, sottolinea un’altra fonte diplomatica consultata da askanews, “l’Italia deve rimanere il telefono rosso tra Occidente e Iran, il canale di comunicazione” con Teheran sulle principali sfide aperte dalla Repubblica islamica: rispetto dei diritti umani, libertà di stampa, di espressione e di manifestazione, assistenza militare alla Russia in Ucraina, e programma nucleare, sebbene il nostro paese non figuri tra i firmatari dell’accordo del 2015. askanews

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