di Enzo Marino
LE VITTIME Il conto delle vittime è oscillato tra 23 e 27. Inizialmente il prefetto di Barletta, Andria e Trani, Clara Minerva, aveva confermato che le vittime “reclamate” sarebbero 27 mentre solo 23 le salme sinora “ricomposte”. “La difficoltà è dovuta purtroppo allo stato in cui si trovano alcuni corpi”, ha spiegato. Il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, successivamente, ha chiarito: “Ci sono 23 vittime e non ci sono dispersi. La cifra di 27 è una cifra data dai media in modo errato. Abbiamo solo una salma che non viene rivendicata da nessuno” e sarebbe quella di un uomo, apparentemente italiano, tra i 55 e i 60 anni. Identificata poi in serata la 23esima vittima: si tratta di Giovanni Porro, 60enne di Andria. Sono stati anche sospesi i capistazione delle due cittadine. Le salme verranno rilasciate dall’ospedale domani e i funerali si svolgeranno con ogni probabilità sabato in forma ancora da definire. Quanto ai feriti, dei 52 pazienti ricoverati negli ospedali pugliesi, ha riferito un bollettino medico, otto sono in prognosi riservata, ma non sono in pericolo di vita. Generosa la risposta dei pugliesi all’appello a donare sangue. “Le strutture trasfusionali della Regione Puglia sono state in grado di gestire in completa autonomia l’eccezionale fabbisogno trasfusionale e non c’è stata quindi la necessità di attivare piani di mobilità dalle altre regioni”, ha riferito Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del centro Nazionale sangue. “2724 pugliesi hanno donato il sangue nelle ultime 24 ore nei 21 servizi trasfusionali della Puglia”, il commento di Emiliano. “Sono orgoglioso di loro”. Per tutto il giorno sono andate avanti i lavori per sgombrare i relitti dei due treni dalla ferrovia. Bandiere a mezz’asta negli uffici pubblici della Puglia. Il comune di Andria ha proclamato il lutto cittadino fino ai funerali.
LE INDAGINI A mezzogiorno le Ferrovie dello Stato hanno indetto un minuto di silenzio in tutte le stazioni e a bordo dei treni. Gli inquirenti intanto procedono con i piedi di piombo. “C’è molto da lavorare”, ha dichiarato Francesco Giannella, procuratore capo facente funzioni della procura di Trani. “L’analisi dei filmati certamente aiuterà ma ci sono ancora tante cose da vedere, tanti dati da incrociare, da vedere regolamenti, ricostruire le normative, cercare di capire se tutte le regole sono state rispettate: è un lavoro molto complesso”. Inoltre, “in linea di massima il treno che non doveva partire era quello partito per secondo, quindi Andria. In linea di massima. Ma questo lo sapremo con certezza quando avremo i dati scientifici”. “Non ci accontenteremo di una verità di facciata”, ha commentato Emiliano, “la cercheremo in ogni modo e cercheremo di comprendere cosa è avvenuto fino in fondo, e sosterremo le attività della autorità giudiziaria, che poi comunicherà i nomi delle vittime”.
LE CAUSE Il ministro delle infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio è intervenuto alla Camera sottolineando che il sistema di sicurezza regolato con il meccanismo del consenso telefonico “è uno dei sistemi tra i meno evoluti. Si affida interamente all’uomo”. E ha quindi ribadito che il problema non è il binario unico, ma il sistema preposto a regolare la sicurezza della circolazione sulla linea. In pratica, la causa dell’incidente sarebbe stata la mancanza di sistemi automatici di supervisione della linea ferroviaria, in quella tratta viene ancora usato il cosiddetto “blocco telefonico”. A confermarlo è stato lo steso ministro nell’informativa alla Camera: “La sicurezza della tratta coinvolta dall’incidente è regolata tramite consenso telefonico che lascia interamente all’uomo la gestione ed è tra i sistemi meno evoluti e più a rischio di regolazione della circolazione ferroviaria”. Il blocco telefonico non è altro che la comunicazione via telefono del via libera, tra la centrale di controllo e il macchinista. I due convogli erano ultramoderni, uno del 2005 e l’altro del 2009, dotati di sistemi frenanti efficienti.
I FAMILIARI All’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari alcuni parenti volevano entrare ma il personale ha chiesto di fare entrare solo due congiunti. “Dobbiamo vedere i nostri cari che sono morti – hanno urlato i parenti spingendo per entrare – dobbiamo stare tutti vicini”. A quel punto il personale ha provato a chiudere le porte ma appena una delle ante è stata socchiusa, molte persone hanno urlato “vergogna”, e in lacrime hanno detto “non è possibile essere trattati così, abbiamo i nostri morti là dentro”. Poco dopo la situazione è tornata alla normalità e le porte sono rimaste aperte. Tra i parenti in attesa anche il cognato della mamma di Francesco Tedone, 19 anni, morto nel violento impatto: “Stava tornando a casa – dice – era andato a trovare un’amica”.