“Le categorie agricole siciliane hanno espresso parere favorevole al Senato sull’aumento della percentuale di frutta nelle aranciate (che dall’attuale 12% passerebbe al 20): il Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia ribadisce che, per valorizzare la produzione agrumicola siciliana, e’ necessario lavorare a un accordo di filiera fra produttori e industriali ed evitare tensioni nel comparto”. E’ il commento di Federica Argentati, presidente del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia, al termine dell’audizione in Commissione Agricoltura del Senato dove e’ stata convocata per fornire tutti gli elementi necessari al varo della legge, gia’ approvata dalla Camera dei Deputati, e attualmente in discussione a Palazzo Madama. La normativa in questione, all’art. 18, obbliga i produttori di bevande al succo di arancia a utilizzare non piu’ il 12% minimo di frutta (in base a una legge del 1958), ma di elevarne la percentuale fino al 20 utilizzando arance prodotte e vendute in Italia. Per questa audizione, la Argentati ha voluto coinvolgere le organizzazioni di categoria territoriali, referenti della produzione singola ed aggregata: Maurizio Lunetta (Agrinsieme), Alessandro Chiarelli (Coldiretti Sicilia), Giovanni Selvaggi, (Confagricoltura Catania) e Giuseppe Occhipinti (ACI, Alleanza cooperative Italiane, Sicilia).
“Per il Distretto Agrumi di Sicilia – continua la Argentati – l’obiettivo principale resta quello del Patto, sottoscritto ed approvato dalla Regione Siciliana, che mira alla valorizzazione delle produzioni trasformate DOP e IGP con presenza di frutta siciliana al 100%. Nel raccogliere le molteplici istanze del comparto lavoreremo a una strategia condivisa fra le parti che soddisfi le esigenze degli agricoltori, in primis, e quindi di mercato. A questo il Distretto lavora da tempo anche con la sigla del recente Accordo Quadro di Filiera per il Prodotto Trasformato, per sostenere la produzione di succhi di agrumi di qualita’ coltivati in Sicilia. Accordo che si auspica possa essere valorizzato dalle parti attraverso l’individuazione di criteri (qualita’, quantita’ e prezzi) che solo le aziende, direttamente e tra loro possono stabilire”.
Per Maurizio Lunetta di Agrinsieme (sigla che riunisce Cia, Confagricoltura Legacoop Confocooperative e Agci) “qualsiasi provvedimento legislativo che aumenti al quantita’ di succo nelle aranciate ci trova d’accordo. Ma alla Commissione del Senato abbiamo spiegato che e’ indispensabile accompagnare questo provvedimento con la creazione una filiera italiana tracciata perche’ la nuova quota di mercato potrebbe essere coperta da nuove importazioni. Questa norma, che probabilmente trovera’ qualche ostacolo a Bruxelles, servira’ ad avviare una discussione in sede comunitaria perche’ e’ necessario che l’innalzamento dal 12 al 20% di succo di arancia nelle bibite diventi normativa applicata in tutta Europa”. “E’ un percorso non semplice – dice Lunetta -, ma in Italia abbiamo il precedente dell’olio extravergine d’oliva: la pressione italiana sulla valorizzazione dell’olio, ha dato origine a una specifica normativa europea”.
Sul fronte industriale, invece, critica è la posizione delle imprese secondo le quali “sono evidenti i danni reali, comprensibili i rischi ed assolutamente non certi i benefici”. Secondo il presidente di Assobibe, Aurelio Ceresoli, è una “scelta autolesionista quella di applicare i nuovi divieti alla sola produzione italiana, approvata alla Camera, in quanto favorisce i competitor degli altri Paesi che potranno vendere in Italia a prezzi più competitivi. Aspetto che in un momento di contrazione del potere di acquisto incide nelle scelte di acquisto”.