Il sottosegretario Carlo Sibilia (M5S9 ha annunciato che il suo Gruppo al Senato attende un segnale di disponibilità dal premier Mario Draghi, ma non voterà contro. “Se il decreto aiuti non migliorerà, il M5S potrebbe uscire dall’Aula del Senato. La linea è chiara: non vogliamo un Papeete bis, ma il salario minimo”. Le tensioni all’interno della maggioranza, con la minaccia di uno strappo da parte del Movimento 5 Stelle, restano al centro della settimana politica che si apre oggi con il voto alla Camera sul dl Aiuti. Dopo l’ok alla fiducia (che alla Camera è separato rispetto a quello sul provvedimento) un nuovo voto a Montecitorio dove i pentastellati sul testo hanno annunciato l’astensione. Ma ancora non hanno deciso come votare al Senato, dove il decreto approderà mercoledì 13 o, al massimo, giovedì 14 luglio, per l’approvazione definitiva (la conferenza dei capigruppo deciderà la data martedì). Dunque, occhi sono puntati su Palazzo Madama dove come annunciato da Sibilia non è escluso che il partito possa uscire dall’Aula. Un gesto che non avrebbe conseguenze sull’esito della votazione ma non potrebbe non avere una eco da quello politico.
Intanto, il leader M5S Giuseppe Conte aspetta ancora da Draghi le risposte sul documento presentato al premier con le richieste dei pentastallati in 9 punti tra cui reddito di cittadinanza, superbonus e salario minimo. Numerosi sono i grillini che premono per aprire la crisi e uscire dal governo, ma i pontieri, anche nel Pd, sono al lavoro per scongiurare la rottura. Nel partito di Conte convivono però diverse anime ed è possibile che domani sul dl Aiuti possa arrivare qualche sì dagli esponenti più governisti. I pontieri Pd, frattanto, sono al lavoro per evitare lo strappo. I Dem tendono una mano ai pentastellati che – consegnato il documento con le loro nove priorità al premier Mario Draghi – hanno un piede dentro e uno fuori dall’esecutivo. Basta con i politicismi, è il messaggio del partito democratico che, che indicano una via concreta per uscire dall’impasse: lavorare sui temi, “dando risposte sui salari e sul welfare”. Per il vicesegretario del Partito Democratico, Peppe Provenzano, è questa la chiave di volta: sia durante questa esperienza di governo, sia per le future alleanze: “La grande sfida per i progressisti è dare risposte ora sui salari e sul welfare al governo, e con una proposta di radicale cambiamento per vincere le elezioni”. La consonanza con le proposte portate da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi è evidente ed è su questo che si lavorerà nei prossimi giorni per arrivare ad un punto di sintesi. “Penso che il M5S non romperà. Sta ponendo dei temi che devono essere oggetto di un confronto politico”, dice il responsabile enti locali del Pd, Francesco Boccia.
A complicare la vita della maggioranza di certo sono poi le proposte su cannabis e ius scholae, che vedono uniti a supporto Partito Democratico e Movimento e contrari Lega e FI. “La priorità del ‘campo largo’? La droga libera. Siamo alla follia!”, punta il dito Matteo Salvini. “Stiamo bloccando il dibattito con cannabis e ius scholae”, gli fa eco Antonio Tajani. “Da domani (oggi, ndr) in avanti noi voteremo solo e soltanto quello che serve all’Italia e agli italiani, il resto lo lasciamo votare a Pd e M5S”: il segretario della Lega Matteo Salvini lo ha detto parlando alla festa del partito a Adro, nel Bresciano dicendo che la domanda dei giornalisti “state dentro, state fuori è mal posta”. “Se questo coincide col governo bene, se no è un problema del governo, mica un problema mio” ha aggiunto. “Si vota fra 240 giorni, non cambia la legge elettorale e vince il centrodestra a guida Lega”: questa è la previsione del segretario del Carroccio. “In questi 240 giorni però – ha aggiunto – dovremo dare battaglia” su temi come la legge Fornero, che non deve tornare in vigore.