Politica

Nessun negoziato prima di notifica Brexit, oggi il primo vertice Ue dopo referendum britannico

di Giuseppe Novelli

Germania, Francia e Italia concordano sul fatto che “non ci saranno negoziati” prima della notifica da parte di Londra per avviare la procedura di uscita dall’Unione europea in base all’articolo 50 dei Trattati europei. In merito la cancelliera Angela Merkel è inflessibile, come anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente francese Francois Hollande. I tre leader si sono incontrati ieri a Berlino. Mentre oggi, è in programma  il Consiglio europeo a Bruxelles, il primo dopo il referendum sulla Brexit, ma non potrà decidere nulla, e non potrà neanche dare avvio ai negoziati con Londra per l’uscita “ordinata” dall’Ue. I capi di Stato e di governo si riuniscono formalmente a 28 di pomeriggio e parleranno della Brexit durante la cena, che sarà presumibilmente l’ultima con i leader da parte di David Cameron, il premier britannico dimissionario. Cameron illustrerà ai colleghi la situazione creata dalla sua infelicissima decisione di indire il referendum, prima di congedarsi e tornare a meditare sui suoi errori. Domani, mercoledì, i capi di Stato e di governo degli altri Stati membri si incontreranno per la prima volta a 27, in un vertice informale che comincerà la riflessione su come dovrà essere l’Ue dopo l’uscita dei britannici, sul lavoro da fare e sui cantieri da aprire per rendere l’Unione più efficace e riconquistare il consenso dei cittadini, su come rilanciare l’integrazione europea.

Ma per quanto riguarda la Brexit, il vertice Ue si limiterà a chiedere al governo del Regno Unito di notificare “il più presto possibile” la sua intenzione di lasciare l’Unione, ben sapendo che comunque non sarà Cameron a compiere quest’atto, senza il quale i negoziati per il divorzio non possono cominciare neanche informalmente. Cameron l’aveva detto subito dopo il voto, annunciando le sue dimissioni: starà al suo successore decidere se e quando comunicare ufficialmente l’intenzione del “recesso”. E a nulla servirebbero le pressioni esercitate dalle istituzioni europee, o da qualunque altro governo, così come dagli stessi mercati che hanno orrore dell’incertezza: l’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea, che regola le procedure di uscita degli Stati membri, lascia esclusivamente nelle mani del paese “secessionista” la decisione di attivare queste procedure, quando lo giudica opportuno. Il termine a cui guardare non è solo la successione di Cameron alla guida del Partito conservatore, che avverrà, si è saputo nelle ultime ore, all’inizio di settembre. La tempesta politica che la vittoria della Brexit ha provocato in entrambi i due partiti maggiori nel Regno Unito, attraversati dalla frattura fra pro europei e “brexiters” porterà probabilmente a elezioni anticipate in autunno, e l’attivazione dell’Articolo 50 non potrà che essere affidata al nuovo premier. A essere ottimisti, insomma, ci si può attendere che i negoziati di divorzio comincino in autunno inoltrato, se non alla fine dell’anno. Sempre che il nuovo governo britannico accetti davvero di percorrere la strada dell’articolo 50.

Ad esempio, l’ex sindaco di Londra e leader del fronte per la Brexit nel Partito conservatore, Boris Johnson, che potrebbe succedere a Cameron, non fa mistero di pensare ad altre alternative possibili e anche inedite, mirando a condurre un negoziato informale con l’Unione per strappare un “better deal”, un accordo migliore di quello che potrebbe risultare dall’applicazione alla lettera del Trattato Ue. Questo è un punto che i leader affermeranno di fronte alla voluta incertezza della posizione britannica: pur rendendosi conto della difficoltà di politica interna nel Regno Unito, i Ventisette sono unanimi nell’esigere chiarezza, affermando che l’unica via possibile è quella della notifica formale e dell’attivazione dell’articolo 50, e che al di fuori di questa procedura non ci potranno essere negoziati (“No negotiations without notification”). Oltre a questo, al vertice (che era previsto da tempo) si parla anche di immigrazione e di relazioni esterne (compreso il rapporto sempre più problematico con la Russia, e il rinnovo delle sanzioni economiche contro Mosca per la crisi in Ucraina). Sull’immigrazione, l’Italia cercherà soprattutto di ottenere che le conclusioni del vertice menzionino almeno i 500 milioni di euro che la Commissione europea ha proposto di stanziare per avviare i primi accordi (“compact”) con i paesi di origine e di transito dei migranti, secondo il nuovo approccio proposto dall’Italia con il “migration compact” e in gran parte fatto proprio dall’Esecutivo comunitario.

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