Dopo “doping di stato” arriva Fetisov, uomo di Putin per restitutire fiducia allo sport russo

Dopo “doping di stato” arriva Fetisov, uomo di Putin per restitutire fiducia allo sport russo
27 febbraio 2017

Dopo gli scandali del doping “il nostro compito è restituire fiducia al mondo dello sport russo”. Così Slava Fetisov (foto,sx)- già leggenda dell’hockey mondiale e oggi deputato e braccio destro di Vladimir Putin (foto) per lo sport – afferma in un’intervista con Askanews, intercettato nel corso della terza edizione dei Giochi Militari Mondiali Invernali che si chiudono oggi a Sochi. Secondo Fetisov, la cui fama in Russia è paragonabile a quella di Pelè in Brasile, bisogna ridare la speranza “anche ai ragazzi e alle ragazze che si allenano, affinchè abbiano la possibilità di partecipare alle competizioni, che siano quelle giovanili, che siano le Olimpiadi o le coppe del mondo. Riportare la Russia insomma nell’arena mondiale con la stima dell’opinione pubblica mondiale”. La brutta storia di quello che è stato definito “doping di stato” dai giornali internazionali, non solo ha escluso gran parte della nazionale russa dai giochi di Rio, ma soprattutto “non ha fatto bene a nessuno”. E questo è chiaro. O come dice Fetisov, ha mischiato “politica, sport, psicologia individuale, destini individuali: certo non è piacevole, e prima si conclude questa faccenda, meglio è per tutti. Non solo per lo sport russo, ma per quello mondiale”.

E proprio da ministro dello Sport russo, il primo dell’era Putin, fu proprio Fetisov a firmare un programma (sano e) valido dal 2006 al 2015, per costruire 4.000 nuove strutture, tra piscine, anelli di ghiaccio, centri polisportivi. Il suo nome per il Cremlino è una garanzia di professionalità ed equidistanza: ha passato 13 anni in America, lavorando poi all’Unesco, primo presidente della Conferenza Unesco per la lotta al Doping. Prima ancora, grazie alla sua caparbietà nonchè al suo talento divenne il primo atleta ‘sovietico’ ad andare a Ovest, senza dover obbedire alle condizioni di Mosca e senza dover versare neppure un dollaro del suo contratto al regime. Oggi è un Campione dello Sport Unesco (al mondo ce ne sono solo 13), e ha rappresentato il suo Paese, la Russia e anche il suo sport, l’hockey, anche in Vaticano, davanti a papa Francesco, alla prima conferenza mondiale “Lo sport al servizio dell’umanità”. è stato comunque fatto di buono. “Negli ultimi anni la Russia ha ospitato il maggior numero di competizioni internazionali, in ogni genere di sport, invernali, estivi. Cerchiamo di farlo in maniera ospitale, senza troppe pretese, ma la massimo livello. Anche la cerimonia di apertura di questi III Giochi militari mondiali invernali è stata bella, degna, contemporanea. E la presenza del nostro premier Dmitri Medvedev e del nostro ministro della Difesa Sergey Shoigu dimostra l’importanza che hanno per noi questi giochi”.

Non solo, la cerimonia di venerdì scorso ha saputo dire molto di quello che è oggi la Russia. Lo spettacolo è durato due ore, con segni evidenti che il Paese ospitante aspira sempre più a essere player di punta negli equilibri mondiali, nonostante gli assetti odierni. E un fermo desiderio nel dimostrare di sapersi rialzare da qualsiasi difficoltà: un segnale chiaro lo è lo stesso coro dell’Armata Rossa, ricomposto in meno di due mesi, dopo la strage aerea, avvenuta proprio nel cielo di Sochi il 25 dicembre. I giochi militari invernali sono stati peraltro assegnati alla Russia a breve giro dalle Olimpiadi Invernali 2014, e gli impianti sportivi di Sochi oggi non si presentano affatto deteriorati o consumati dal tempo. Deteriorati sono piuttosto i rapporti tra la Russia e l’Ovest, e lo si vede anche dalle assenze ai giochi di Paesi come gli Usa e il Canada. Compensate tuttavia da presenze molto significative europee: non solo l’Italia, ma anche la Germania, la Francia, la Spagna, la Grecia, la Slovenia, la Turchia hanno mandato sulle rive del mar Nero un folto contingente di atleti, nonostante la stagione di gare presentasse già un’agenda molto serrata.

Ma la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Sochi 2014 era stata diversa, perchè – come dice Fetisov – doveva corrispondere principalmente a un formato televisivo, anche con costi molto più alti. “La cerimonia di quest’anno è stata invece più casalinga, con canzoni come Kalinka o Podmoskovnie Vechera che corrispondono alla nostra cultura. Ho visto che anche chi ha preso parte alla cerimonia si è messo a cantare. Certo si tratta di un’altra atmosfera, un biglietto da visita dell’organizzazione della competizione e di questo Paese. La dimostrazione che attraverso lo sport si trova l’armonia tra i popoli”. E Fetisov è proprio l’incarnazione di come lo sport possa compiere quel miracolo che la politica in genere fatica a fare. Lui stella di uno sport, l’hockey che ai tempi della guerra fredda ha rischiato più volte di diventare parte del confronto. “Penso all’Unione Socvietica che per qualche motivo non era molto amata. Eppure noi giocavamo anche l’hockey, che in genere è considerato uno sport violento, in maniera corretta, bella, amichevole, senza aggressività”. E anche in questi giochi invernali CISM sarebbe “stato interessante vedere anche partite di hockey”.

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