APERTURA

Dopo circa 47 mila vittime, c’è l’accordo sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Tutte le tappe

Le Brigate Ezzedine Al-Qassam, ala militare di Hamas, hanno lanciato gravi accuse contro Israele, sostenendo che i raid aerei su Gaza stanno mettendo a repentaglio la liberazione degli ostaggi. In un comunicato diffuso su Telegram, il gruppo avverte che ogni ulteriore attacco potrebbe trasformare la speranza di libertà in tragedia. Il portavoce Abu Obeida ha menzionato un attacco specifico contro un sito dove si trovava una delle donne designate per il rilascio nella prima fase dell’accordo di cessate il fuoco.

L’esercito israeliano, da parte sua, ha confermato di aver colpito circa 50 obiettivi legati al terrorismo nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore, tra cui membri di Hamas e Jihad islamica, infrastrutture militari e depositi di armi, secondo un comunicato ufficiale. Nonostante queste tensioni, sembra che tutti i nodi siano stati sciolti per finalizzare l’accordo di cessate il fuoco. Una fonte statunitense citata da Barak Ravid su X ha affermato che “l’accordo ora è fatto”. Il governo israeliano è pronto a riunirsi per approvare ufficialmente il piano, con i dettagli finali concordati a Doha.

E così dopo lunghi mesi di trattative e un conflitto devastante che ha causato oltre 46.700 vittime, il Primo Ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha annunciato un evento storico: il cessate il fuoco tra Israele e Hamas entrerà ufficialmente in vigore domenica 19 gennaio. Questa tregua rappresenta una speranza concreta per la pace e la stabilità in una regione che da troppo tempo conosce solo violenza e sofferenza.

Sul fronte politico, Donald Trump e Joe Biden si sono trovati in una sorta di competizione per accreditarsi il successo dell’accordo. Trump, tramite Truth, ha rivendicato l’intesa come un risultato della sua “storica vittoria di novembre”, mentre Biden ha risposto con ironia, negando il merito al presidente eletto. Durante una conferenza stampa, Biden ha sottolineato la collaborazione tra le due amministrazioni, evidenziando che l’accordo rispecchia il piano da lui presentato a maggio 2024, approvato dall’Onu.

Quest’ultima dichiarazione ha messo in luce una certa debolezza di Biden nella fase finale del suo mandato, con l’avvento di Trump che ha apparentemente accelerato le trattative. L’importanza del controllo del Corridoio Philadelphi è stata ridimensionata, una questione che sembrava vitale per Israele.

Trump, con un mandato di quattro anni davanti, ha intenzione di usare questa tregua come base per una nuova strategia in Medio Oriente, estendendo gli Accordi di Abramo e normalizzando le relazioni con l’Arabia Saudita. Il suo inviato, Steve Witkoff, ha dichiarato che continuerà a lavorare per assicurare che Gaza non diventi più un santuario per terroristi.

Un’analisi del Guardian ha rilevato un’insolita collaborazione tra democratici e repubblicani, con Biden che ha lodato il lavoro congiunto degli inviati McGurk e Witkoff. Tuttavia, molti osservatori credono che le minacce di Trump, unite al tono duro di Witkoff in un incontro con Netanyahu, abbiano avuto un ruolo decisivo nella chiusura dell’accordo.

In sostanza, mentre il cessate il fuoco sembra ora assicurato, permangono notevoli incertezze sul futuro della regione, con Trump che pianifica di costruire su questa fragile pace per un’era di stabilità più duratura.

Le tappe dell’accordo

L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas annunciato dopo 15 mesi di guerra nella Striscia di Gaza prevede l’attuazione di tre fasi a partire da domenica 19 gennaio. L’intesa, annunciata da Doha, dove si sono svolti i negoziati mediati da Qatar, Egitto e Stati Uniti, è stata approvata ieri da Hamas, mentre oggi l’ufficio del premier israeliano ha annunciato il rinvio della riunione di gabinetto che avrebbe dovuto approvarla, accusando il movimento palestinese di “una crisi dell’ultimo minuto”.

L’accordo prevede la liberazione degli ostaggi israeliani in mano ad Hamas in cambio del rilascio di detenuti palestinesi, l’ingresso nella Striscia di Gaza di aiuti umanitari e un graduale ritiro delle forze israeliane dall’enclave palestinese nel corso di tre mesi.

19 GENNAIO

Il primo ministro del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, ha annunciato ieri che il cessate il fuoco inizierà alle 12:15 (11:15 italiane). In questa prima giornata di tregua è previsto il rilascio di tre ostaggi israeliani, seguito dalla liberazione di altri quattro ostaggi al quarto giorno di cessate il fuoco.

Sono 33 gli ostaggi – donne, bambini, malati e uomini con più di 55 – che verranno rilasciati nel corso di 42 giorni, mentre le forze israeliane si ritireranno della aree popolate di Gaza, consentendo il ritorno degli sfollati. I militari verranno dislocate in aree non più lontane di 700 metri dal confine di Gaza con Israele.

25 GENNAIO

Al settimo giorno di tregua ai palestinesi sfollati sarà consentito di tornare nel nord della Striscia di Gaza senza portare armi e senza ispezioni tramite al-Rashid Street. Le auto e altri veicoli potranno andare a nord del corridoio Netzarim, che divide in due Gaza, dopo l’ispezione dei veicoli, che sarà condotta da un’azienda privata che verrà scelta dai mediatori, in coordinamento con Israele.

3 FEBBRAIO

Al 16esimo giorno di cessate il fuoco inizieranno i negoziati sulla seconda fase.

9 FEBBRAIO

Al 22esimo giorno, ai palestinesi sarà consentito di tornare a nord dell’enclave sia da al-Rashid Street che da Salah al-Din Street senza ispezioni.

1 MARZO

Fine della prima fase, al 42esimo giorno di tregua. Entro questa data dovrebbero essere stati rilasciati 33 ostaggi israeliani in cambio di 100 prigionieri palestinesi. Dovrebbe quindi iniziare la fase due, con il rilascio dei restanti 65 ostaggi israeliani e il ritiro delle forze israeliane dal corridoio Philadelphi, al confine con l’Egitto, da completare entro il 50esimo giorno.

9 MARZO

Al 50esimo giorno, Israele dovrebbe aver completato il ritiro delle forze militari dal corridoio Philadelphi.

12 APRILE

All’84esimo giorno dovrebbe iniziare la terza fase, di cui si conosce poco al momento, ma che dovrebbe riguardare un piano di ricostruzione della Striscia di Gaza di tre-cinque anni, da attuare sotto la supervisione internazionale. In questa fase è prevista la consegna delle salme degli ostaggi israeliani. Si stima siano circa 30 gli ostaggi morti in questi mesi di conflitto.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri