di Filippo Caleri
Una riduzione dell’assegno previdenziale che arriva fino al 24% dell’importo su quelli che superano i 1.500 euro al mese. Con un taglio concentrato su quella parte della rendita calcolata con il sistema retributivo (più generoso e applicato fino al 1995 anno della riforma Dini). Sono le ipotesi al vaglio della cabina di regia di Palazzo Chigi che lavora sul dossier della flessibilità pensionistica e che sono state anticipate dal Sole24Ore. In particolare la misura del taglio potrebbe essere legata all’importo dell’assegno mensile, con una decurtazione più pesante a livello percentuale per quelle più alte. Così fino a tre volte la pensione minima (circa 1.500 euro) la riduzione sarebbe attorno a 2-3% per ogni anno di anticipo, sopra questo livello si arriverebbe al 5-8% sempre per ogni anno. Sui criteri per l’uscita dal lavoro “il pool di esperti della cabina di regia economica di Palazzo Chigi guidato dal sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini sta ancora lavorando a diversi dettagli prima di mettere nero su bianco, entro la fine del mese la proposta definitiva” spiega il quotidiano. Per quanto riguarda la selettività si studia l’uscita anticipata per i lavori usuranti: in questo caso la penalizzazione potrebbe essere minima per ogni anno d’uscita o zero per l’anticipo di un solo anno.
Nel caso di crisi aziendali invece si starebbe valutando l’eventuale contributo delle aziende. Diverse invece le regole per altri due casi: i lavoratori con più di 63 anni che sono disoccupati o che decidono volontariamente l’uscita anticipata. Si tratterebbe dei lavoratori nati tra il 31 maggio del 1951 e il 31 gennaio del 1953. E che subirebbero tagli legati agli importi e alla storia contributiva di ognuno. La novità sarebbe quella di applicare la penalità solo alla parte di pensione calcolata con il metodo retributivo. Non sarebbe quindi toccato il montante costruito con il contributivo (legato cioè alla capitalizzazione di quanto effettivamente versato). Anche se in questo caso si sta ragionando su quale coefficiente di trasformazione (l’indice di capitalizzazione delle somme versate) sia da applicare e cioè se quello del momento dell’uscita anticipata o quello naturale secondo l’età di pensione prevista dalla legge. Sulle varie ipotesi è caduto ieri l’avvertimento del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che ha spiegato che “la flessibilità in uscita potrà essere perseguita solo mantenendo i conti in equilibrio. Sulla flessibilità – ha aggiunto Padoan – il governo sta esaminando ipotesi per consentire l’uscita anticipata dal lavoro proprio tenendo conto delle esigenze di chi svolge attività più usuranti. Ma qualsiasi soluzione deve essere compatibile con i vincoli di bilancio e la sostenibilità di lungo termine”.